Commedie e Proverbi
La rassegna cinematografica del Centro Pecci Cinema in collaborazione con Mabuse Cineclub
in collaborazione con Mabuse Cineclub
Éric Rohmer, pseudonimo di Jean Marie Maurice Schérer, è stato uno dei registi di punta della Nouvelle Vague francese, quel movimento che tra la fine degli anni cinquanta e tutti gli anni sessanta del secolo scorso ha provato a cambiare certe tendenze del Cinema francese, e non solo, che non tenevano al centro della produzione e creazione dell'opera filmica la figura del regista, per loro da chiamarsi autore. Formatosi come critico cinematografico presso i Cahiers du Cinéma, come i suoi colleghi esordisce nel lungometraggio a fine anni cinquanta e la grande maggior parte dei suoi film è divisa in cicli narrativi: "Commedie e Proverbi" (1981-1987) viene dopo "Sei Racconti morali" (1962-1972) e prima de "I racconti delle quattro stagioni" (1990-1998). Nel 1980 insieme a Barbet Schroeder fonda la sua casa di produzione, Les Films du Losange, con la quale realizzerà il famoso ciclo di film Commedie e proverbi, in cui ogni storia racchiude un proverbio popolare o una citazione letteraria portatrice di una morale ben precisa.
I film sono in versione restaurata, digitalizzata e in lingua originale francese con sottotitoli italiani.
"Nel 1981, a una decina di anni di distanza dai Sei racconti morali, Éric Rohmer dà avvio a un secondo ciclo, di nuovo sei pellicole, orientandosi questa volta verso il teatro (di contro alla letteratura dei “conte”) e la saggezza popolare.
Soprattutto, Commedie e proverbi si smarca da qualsiasi intenzione morale o moralizzatrice per inseguire una specie di “profonda superficialità”: «Non esiste una formula per la verità; non si trova nelle affermazioni. Il contrario di qualsiasi verità è corretto. Con questi film intendo rimanere superficiale. Non voglio fare film profondi. Penso che ci sia una superficialità nella profondità».
Anche se forse la parola che meglio descrive i film del ciclo è “naturalezza”: al narratore onnisciente (maschile e letterario) dei Sei racconti morali si sostituisce adesso una narrazione in terza persona di impianto teatrale, neutra, che raffredda qualsiasi facile identificazione tra personaggi e spettatori. E di impianto teatrale sono anche, da un lato, la centralità assegnata al dialogo, per cui la parola, più dell’azione, si fa strumento di sviluppo del racconto, e, dall’altro, una regia “geometrica”, che asseconda l’ampio spazio concesso all’improvvisazione (che tocca il suo vertice in Il raggio verde) attraverso inquadrature larghe (il primo piano è bandito), a distanza di sicurezza dalle emozioni facili.
Teatralità, improvvisazione e parole (incessanti, quasi un’ “intossicazione”, come l’ha definita Rohmer stesso) contribuiscono a donare ai film del ciclo un’atmosfera al tempo stesso realista e magica, del tutto coerente con l’idea (teatrale, appunto) di commedia. Il termine rimanda qui, in particolare, al (serissimo) gioco sociale, alle schermaglie amorose, alla ricerca della felicità, a una conclusione che sigla l’inizio di qualcosa di nuovo per quanto assuma spesso la forma di un unhappy ending, ma «di un nero solo apparente, che in realtà è bianco, di un male che è bene» (Rohmer).
La commedia è del resto il genere della trasformazione, il tema che più di ogni altro ispira i film del ciclo e contribuisce a innescare il gioco dei rimandi, tra differenze e somiglianze, da un film all’altro. A misurare la natura e la profondità di questi cambiamenti, la vita di sei donne – spesso affiancate da amiche, confidenti e alleate –, pensate da Rohmer come figure attuali, moderne, vere, in cui si riflettono, a volte in modo diretto, a volte in modo obliquo, questioni che, tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, hanno cambiato l’universo femminile in termini di diritti, opportunità, forme e stili di vita.
Qualcuno ha definito il ciclo di Commedie e proverbi “post-femminista” per come si concentra sul racconto di giovani donne tra i venti e i trent’anni (con l’eccezione dell’adolescente Pauline), donne che studiano o lavorano, indipendenti e determinate, spesso prive di solidi legami amicali o famigliari oppure in fuga da rapporti in cui non si riconoscono. In tutti i casi, come esemplifica la Anne di La moglie dell’aviatore, il primo film del ciclo, donne che, senza alcun timore della sofferenza e della verità, interpretano in modo originale e coraggioso la ricerca della felicità."
Luca Malavasi - Docente di Storia e analisi del film, Università di Genova
La moglie dell'aviatore - La femme de l'aviateur
(Francia, 1981; 104'; v. or. sott. it;)
con Philippe Marlaud, Marie Rivière, Anne Laure Meury
Il bel matrimonio - Le beau mariage
(Francia, 1982; 97'; v. or. sott. it.)
con Arielle Dombasle, Beatrice Romand, André Dussollier
Pauline alla spiaggia - Pauline à la plage
(Francia, 1984; 94'; v. or. sott. it.)
con Arielle Dombasle, Amanda Langlet, Pascal Greggory
Le notti della luna piena - Les nuits de la pleine lune
(Francia, 1984; 102'; v. or. sott. it.)
con Pascale Ogier, Tchéky Karyo, Fabrice Luchini
Il raggio verde - Le rayon vert
(Francia, 1986; 98'; v. or. sott. it.)
con Marie Rivière, Amira Chemakhi
L'amico della mia amica - L'ami de mon amie
(Francia, 1987; 102'; v. or. sott. it.)
con Emmanuelle Chaulet, Sophie Renoir
Viale della Repubblica, 277, 59100 Prato PO, Italia