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Darkling di Dusan Milic

#CineBrividi

FILM / CINEBRIVIDI



June 25—29, 2022

Con Danica Curcic, Slavko Stimac, Flavio Parenti

(Mrak; Serbia-Danimarca-Bulgaria-Grecia-Italia) 104'; v. or. sott. it

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SPETTACOLI

sabato 25 giugno, ore 16.30 - v. or. sott. it

domenica 26 giugno, ore 21.00 - v. or. sott. it

mercoledì 29 giugno, ore 21.15 - v. or. sott. it

 

‘Darkling’, l’orrore che si trasforma in horror e spaventi degni di un action di massa alla ‘Predator’
Uno stato d'urgenza, forse di assedio, all'interno di una giungla minacciosa. Una famiglia prende tempo prima di arrendersi e darsi alla fuga, perché spera ancora di poter riabbracciare chi non dà più notizie di sé.
(Alan Smithee, taxidrivers.it)
Darkling è il film del regista serbo Dusan Milic, presentato in anteprima mondiale in Concorso al Trieste Film Festival, ove si è aggiudicato il Premio del pubblico al miglior lungometraggio.
Durante l’azione persecutoria perpetrata nel marzo del 2004 nei confronti della popolazione serba, gli estremisti albanesi hanno cacciato più di 4000 serbi dal Kosovo e dalla Metohija.
Nonostante la presenza delle  forze internazionali di pace, più di 800 case sono state rase al suolo e 35 chiese cristiano-ortodosse bruciate. Una ventina di persone sono morte, diverse centinaia risultano tuttora disperse. Di loro non si sa nulla, né forse mai si saprà.
In una boscaglia fitta e tetra, un villaggio di poche case sparse vive nel terrore di una minaccia che  noi spettatori non riusciamo a decifrare subito. Di giorno i pochi abitanti rimasti, vengono scortati da milizie di pace. Un uomo anziano, sua figlia e la nipote, si ostinano a restare in quel luogo tetro e insidioso nella speranza che il marito della donna e suo cognato possano fare ritorno. La bimba, ogni mattina, viene scortata a scuola in autoblindo da una sparuta pattuglia di militari italiani. Ma di notte, la famiglia rimane in balia della minaccia invisibile, incombente, maligna. Una pressione che si manifesta anche con la strage di quei pochi capi di bestiame che rimangono loro, oltre che spaventando a morte i tre occupanti della casa, barricatisi all’interno di quella fragile struttura in legno. Poco per volta comprenderemo i contorni, almeno sfocati, della minaccia che incombe. Darkling  vive di una tensione che diventa quasi palpabile agli occhi e nell’intimo dello spettatore. La foresta, cupa e ostile, la minaccia, costante ma invisibile, evocano spaventi degni di un action di massa alla Predator, prima di comprendere che ci troviamo dinanzi a un clima di guerra che sta per diventare incandescente.
La forza di Darkling risiede proprio nella capacità del regista Dusan Milic di giocare alla perfezione con la suspence, col ritmo solenne, ma serrato, rifuggendo ogni ricorso ad effetti speciali che avrebbero, al contrario, certamente rovinato l’atmosfera  e compromettendo, in tale eventualità, la tensione palpabile e quasi insopportabile che il piccolo ottimo film riesce a rendere quasi materiale, opprimente.

 

Il dramma psicologico del regista serbo, ambientato nel Kosovo del dopoguerra, ruota intorno al concetto di distruzione causato dalla guerra e racconta una storia coinvolgente. (Matteo Di Maria, sentieriselvaggi.it)
Darkling è una coproduzione che ha coinvolto Serbia, Italia, Bulgaria, Danimarca e Grecia, nella realizzazione di un film a tratti devastante, che tocca gli animi e che parla della guerra e di chi continua a restarci anche quando è finita. Una pagina triste della storia europea che registra oltre 100.000 vittime e un numero imprecisato di scomparsi. È il quarto film del serbo Dušan Milić dopo Jagoda: fragole al supermarket del 2003, Guca del 2006, Svetat e golyam i spasenie debne otvsyakade del 2008. Con Darkling, presentato in anteprima assoluta al Trieste Film Festival 2022, il regista di Belgrado ha vinto il premio del pubblico come miglior lungometraggio conquistando con una storia cruda e vera, una fiaba gotica alla Guillermo del Toro, ma soprattutto un esplicito richiamo a L’infanzia di Ivan di Tarkovskij, film in cui la guerra porta via l’infanzia e  dove brutalità e sentimento s’intrecciano come una coppia di filamenti saldamente associati tra loro.
Al di fuori della parte settentrionale del Kosovo, sono rimaste solo alcune piccole comunità serbe, sparse sul territorio. Una famiglia resiste nella sua casa e non vuole abbandonarla ma la tranquillità è minacciata da una presenza invisibile che si nasconde nel bosco, un pericolo costante e schivo, presente perennemente anche senza manifestarsi esplicitamente.La storia è raccontata dal punto di vista di Milica, ma il personaggio chiave è Slavko Štimac, che interpreta il patriarca conferendo conflitto e tensione all’opera. La sceneggiatura di Milić crea gradualmente il terrore e l’atmosfera opprimente sia nella casa buia che nei dintorni, dove ogni tipo di minaccia potrebbe essere in agguato. Nonostante la reale paura delle truppe albanesi e dei lupi nelle foreste circostanti, il film suggerisce che forze più oscure potrebbero essere all’opera. Kiril Prodanov, il direttore della fotografia, filma i protagonisti dalla foresta, in mezzo al fogliame, in una sorta di visione circolare, creando l’impressione che qualcosa, forse non umano, li stia osservando. Una notte, la piccola Milica si addentra nel bosco, e il gioco di luci e ombre, insieme alle varie e creative posizioni della macchina da presa, alla musica minacciosa e al sound design, ampiamente lavorato, intensifica questa impressione. Molto curati gli aspetti scenici e tecnici, che trasmettono il senso di claustrofobia e quella tensione che amplifica l’ansia senza mai acquietarla. Quasi tutto il film è stato girato in una casa minuscola, che normalmente ha lo scopo di proteggere o far sentire meno terrorizzati chi la abita, progettata, costruita e distrutta nella scena dell’incendio per il film.
Dušan Milić si conferma un regista di grande talento capace di raccontare una storia che non sembra lontana da ciò che sta devastando in questo momento l’intero mondo. Nel film tutto ruota intorno al concetto di distruzione causato dalla guerra. Un racconto senza tempo che come nella scena finale, attraverso lo sguardo fisso e vuoto della bambina nella macchina da presa, provoca fastidio e mette a nudo il suo calvario di sofferenza e orrore. Un monito a non produrre più deliri di onnipotenza.


CineBrividi


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Cinema - Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci

Viale della Repubblica, 277, 59100 Prato PO, Italia


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