OK,明白了!

<p>Giulio Paolini, <em>Panorama</em>, 1996-1997<br />
Riproduzione fotografica accartocciata, matita e collage a parete, cornice cm 123x163, misure complessive dell’installazione variabili<br />
Comodato dell’Associazione Amici del Museo Pecci </p>

作者
标题
创作年代

Giulio Paolini
Panorama
1996—1997



作品描述
作品描述
作品规格

In Panorama, opera ideata nel 1996 e realizzata in occasione della mostra personale dell’artista alla Galleria Christian Stein di Milano (1997), quindi inserita nella collezione del Centro Pecci (1998), compaiono alcuni elementi e procedimenti ricorrenti nel suo lavoro. Al centro di una parete una cornice antica racchiude la riproduzione fotografica, letterale, di un paesaggio al tramonto accartocciato e ridotto a macchia informe. Intorno alla cornice sono tracciate a matita altre possibili inquadrature che occupano tutta la superficie a disposizione, facendo eco al quadro centrale e riportando vari frammenti dell’immagine principale sparsi come in seguito a un Big Bang della rappresentazione.
Il titolo dell’opera si riferisce tanto al soggetto della raffigurazione quanto al disegno che si espande all’infinito, in forma appunto panoramica.
Come ha affermato l’artista: “paradossalmente, tutte le possibili immagini che una qualsiasi superficie ha rappresentato, o potrebbe rappresentare, possono ridursi, o dilatarsi, alla rappresentazione di se stessa”. (Paolini) 

L’esplosione e dispersione dell’inquadratura, indagate anche in altre opere dello stesso periodo, alludono alla gabbia prospettica in cui all’autore si sostituisce l’osservatore che, dal suo punto di vista, può ora mettere a fuoco l’immagine, cioè ri-creare “lo spazio dell’opera”. 

L’impersonalità dell’obiettivo fotografico risulta concettualmente analoga al punto di vista, indifferentemente dell’artista o dello spettatore, che struttura la visione prospettica di un panorama disegnato o dipinto. 

Paolini si confronta con l’atto di vedere e ne mette in gioco i meccanismi logico-percettivi, esprimendo altresì la propria incognita sulla sorte dell’artista, vale a dire di sé stesso: “il punto è che l’opera esiste davvero, che ha una sua effettiva (e relativa) esistenza materiale, che è , visibile a tutti, a tutti gli altri e non più soltanto a lui (al suo autore). Per lui aveva finito di esistere, sostituita a vantaggio di un dopo (l’opera successiva) erede unico e universale di quell’immagine. Non c’è problema di buona o cattiva luce, spazio adeguato, felice collocazione... 

La questione è un’altra: l’artista, almeno il mio omonimo, vorrebbe tutto (o niente) per sé. Della sua opera (e forse anche della sua vita) vorrebbe, lui solo, porsi l’interrogativo, poter esclamare: «È finita?»” (Paolini). [S.P.] 

Bibliografia
S. Pezzato (a cura di), Collezione permanente, catalogo, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato 1998. Giulio Paolini. Da oggi a ieri, catalogo della mostra, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino, Hopefulmonster, Torino 1999.
G. Paolini, Andata e ritorno, Galleria Christian Stein, Milano, Danilo Montanari Editore, Ravenna 2003.
M. P. Mannini, S. Pezzato (a cura di), Corrispondenze, dal presente al passato. Opere scelte dalle collezioni del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci e del Museo Civico di Prato, catalogo della mostra, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato 2006. 



Riproduzione fotografica accartocciata, matita e collage a parete, cornice cm 123x163, misure complessive dell’installazione variabili

 

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