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Strade perdute - Lost Highway di David Lynch

#CinemaRitrovato

FILM / IL CINEMA RITROVATO



January 27—February 01, 2023

 con Bill Pullman, Patricia Arquette, Balthazar Getty

(Usa, 1996) 134' - v. or. sott. it.

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Spettacoli

venerdì 27 gennaio, ore 21.15 - v. or. sott. it.

mercoledì 1 febbraio, ore 21.15 - v. or. sott. it.

 

 

Restaurato in 4K da The Criterion Collection con la supervisione di David Lynch.

 

Los Angeles. Il sassofonista Fred Madison è perseguito dall'invio di una serie di videocassette che riprendono la sua vita da vari punti di vista. Sposato con Renée, partecipa con lei a un party dove viene avvicinato da un misterioso uomo che si prende gioco di lui e lo terrorizza. Il giorno dopo, Fred riceva una VHS in cui si vede il corpo di Renée massacrato. Arrestato per omicidio, in prigione soffre di lancinanti emicranie e una mattina, in cella, al posto suo si risveglia un altro uomo, Pete, giovane meccanico che viene immediatamente rilasciato. Al soldo della malavita, Pete diventa l'amante della ragazza del boss, Alice, straordinariamente somigliante alla moglie di Fred. La donna coinvolge Pete in un colpo ai danni di un regista di film porno: tutto però va storto e l'uomo entrerà in un regno di follia e mistero...

Diabolico Lynch. Quattro anni dopo la catastrofe di Twin Peaks – Fuoco cammina con me, il regista più visionario d'America torna con un film ancora più folle, ma stavolta fa centro. Strade perdute è quasi un capolavoro. Purché abbiate voglia di stare al gioco, lasciando a casa logica e raziocinio. Se proprio volete un appiglio verosimile, diciamo che è la storia di un assassino dalla personalità multipla raccontata da due punti di vista, ma è solo un trucchetto. L'essenziale è altrove. Nella maestria millimetrica della messinscena (gesti, luci, tempi, sguardi), nell'ambiguità totale, infernale, del non-racconto (ogni film di Lynch è una discesa all'Inferno), nelle improvvise vampate di humour che curiosamente non scalfiscono ma potenziano l'incubo.
Fabio Ferzetti, “Il Messaggero”, 15 giugno 1998

Strade perdute è un esempio estremo di quel cinema decostruito, destrutturato, che viola le regole romanzesche, i meccanismi causa-effetto, la logica razionale, tentando invece d'andare in cerca di mistero, di suscitare emozioni e ansia, di moltiplicare analogie ed enigmi. Lynch non è certo il solo in questa ricerca, che ricorda quella intrapresa tana anni fa da Jean-Luc Godard: sono come lui Terry Gilliam, Tsai Ming-liang, altri. Le loro opere possono entusiasmare oppure risultare insopportabili: certo sono le uniche estranee al pensiero commerciale, le uniche a proporsi di creare un cine-linguaggio adeguato al proprio tempo, a voler rispecchiare il caos contemporaneo.
Lietta Tornabuoni, “L'Espresso”, 18 giugno 1998

Di tutti i film di David Lynch, Strade perdute è in effetti il più stupefacente, tanto confonde le piste narrative e permette di accumulare le ipotesi interpretative. Il cineasta rivela un talento consumato nella capacità di distribuire segni ambigui, di creare un clima di cospirazione permanente e di giocare con le ambientazioni. […] Dopo una prima mezz’ora orchestrata ai massimi livelli dell’insolito e costruita sulla coppia formata da Fred e Renee Madison (Bill Pullman e una Patricia Arquette in versione castana), Strade perdute cambia del tutto, in termini di rotta e di coppia. I personaggi principali del film diventano ora Pete Dayton (Balthazar Getty) e Alice Wakefield (interpretata sempre da Patricia Arquette, questa volta bionda). Con una sorta di circolarità narrativa, Fred Madison, che di professione fa il sassofonista, ricompare nelle sequenze finali di Strade perdute, facendo terminare il film esattamente al punto in cui era iniziato. Questo principio di narrazione schizofrenica svolge evidentemente un ruolo decisivo nella destabilizzazione suscitata dalla pellicola, poiché impedisce chiaramente qualsiasi principio di identificazione, sbarrando ogni accesso privilegiato al senso.
Thierry Jousse, David Lynch, Cahiers du Cinéma, Parigi 2010

Quando si tratta di autentica paura cinematografica […] quella di Lynch non ha rivali. Questo è un horror post-genere: non procura veri e propri shock, ma lavora sull'evocazione dell'inquietudine attraverso suoni minimali e doom metal a tutto volume, offrendo momenti oscuri che si trasformano rapidamente in spaventosa chiarezza. Dopo cento anni di cinema, è ancora possibile realizzare un film davvero terrificante.
Kim Newman, “Sight and Sound”, n. 9, settembre 1997


Il Cinema ritrovato


Where
Cinema - Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci

Viale della Repubblica, 277, 59100 Prato PO, Italia


Spettacoli

27 gennaio, ore 21.15 vos

1 febbraio, ore 21.15 vos

 

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