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Protext! Quando il tessuto si fa manifesto

WEB TV / PECCI CONTEMPORARY



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24.10.2020 – 14.03.2021

A cura di Camilla Mozzato e Marta Papini

 

Striscioni, stendardi, t-shirt, arazzi artigianali, quilting: sono strumenti che hanno dato voce nel mondo a istanze di protesta spontanee. La mostra Protext! Quando il tessuto si fa manifesto a cura di Camilla Mozzato e Marta Papini indaga come la più recente generazione di artisti prenda in considerazione l’uso del tessuto e le sue diverse declinazioni formali come pratica artistica trasgressiva e ne esplora il ruolo, non solo nei dibattiti critici su autorialità, lavoro, identità, produzione e cambiamento ambientale, ma anche come medium per eccellenza nella rappresentazione del dissenso. 

 

Il percorso di mostra alterna installazioni, sculture, stendardi, arazzi, disegni, ricami e si apre con l’ambiente site-specific realizzato dal collettivo greco Serapis Maritime Corporation (Atene, 2014), che opera con un linguaggio tra arte, moda e design.

 

Si prosegue con le sculture tessili realizzate da Pia Camil (Città del Messico, 1980) con t-shirt e jeans di seconda mano: indumenti prodotti in America Latina per gli Stati Uniti, che tornano ai luoghi d’origine una volta smessi, seguendo le rotte inique delle migrazioni e del commercio globale.

 

Otobong Nkanga (Kano, Nigeria, 1974) attraverso i suoi arazzi esplora i cambiamenti sociali e topografici, evidenziando l’impatto storico e la memoria collettiva della relazione tra Uomo e Natura.

 

L’opera in mostra di Vladislav Shapovalov (Rostov on Don, Russia, 1981) nasce da una ricerca dell’artista al Centro di Documentazione della Camera del Lavoro di Biella. All’interno di una collezione di bandiere usate durante le manifestazioni dei lavoratori, due si rivelano particolarmente interessanti, poichè composte da tanti piccoli frammenti di tessuto ricamati con nomi femminili e cuciti insieme: i nomi delle lavoratrici.

 

Nelle sue opere Güneş Terkol (Ankara, 1981) prende ispirazione dal contesto in cui si trova, e ha per protagoniste donne che rifiutano di adattarsi alle trasformazioni sociali e culturali contemporanee. In mostra troviamo alcuni dei suoi ricami su garza, insieme ad alcune bandiere realizzate nel corso di laboratori. In occasione della mostra, l’artista produrrà una nuova bandiera insieme ad un gruppo di donne vicine al Centro Antiviolenza La Nara.

 

Marinella Senatore (Cava de' Tirreni, Italia, 1977) esplora le numerose sfaccettature sul tema della protesta in diversi contesti geografici, e le modalità di aggregazione comunitaria; in mostra una serie di coloratissimi stendardi ricamati a mano e 50 disegni della serie It’s Time to Go Back to Street, in parte prodotti per il Centro Pecci.

 

Artista tra le più celebri delle ultime generazioni, Tschabalala Self (New York City, 1990) costruisce rappresentazioni volutamente esagerate legate all’immaginario dei corpi femminili neri con una combinazione di materiali coloratissimi cuciti, stampati e dipinti che rimandano a tradizioni artistiche artigianali.

 

Conclude il percorso espositivo una sala dedicata a workshop, residenze ed eventi che alimenteranno l’indagine sull’uso del tessile nelle manifestazioni di dissenso, nel corso della mostra.

 

Il primo intervento ospitato è quello del duo parigino About A Worker (Kim Hou e Paul Boulenger): a seguito di una residenza realizzata in collaborazione con Lottozero textile laboratories, presenterà al Centro Pecci una collezione speciale realizzata in museo durante un laboratorio partecipativo, con il supporto di Manteco e la collaborazione di Istituto Marangoni Firenze. Seguirà il workshop di Canedicoda, realizzato in collaborazione con Dynamo Camp: attraversando tende ghiacciate o tropicali separè, visitando plastici di raso o lane montuose i partecipanti si immergeranno nella costruzione di un mondo morbido, avvolgente, cangiante e plasmabile. 

 

PROTEXT! Quando il tessuto si fa manifesto è accompagnata da una pubblicazione di Nero Editions in due volumi: il catalogo della mostra con il testo critico delle curatrici Camilla Mozzato e Marta Papini, le interviste agli artisti, biografie e fotografie delle opere, e un secondo volume, un vero e proprio libro d’artista firmato da Marinella Senatore, introdotto da Cristiana Perrella, Direttrice del Centro Pecci.

 

Artisti in mostra: Pia Camil, Otobong Nkanga, Tschabalala Self, Marinella Senatore, Serapis Maritime Corporation, Vladislav Shapovalov, Güneş Terkol.

 

Laboratori di About a Worker, Canedicoda.

 

Mostra sponsorizzata da Centro Porsche Firenze. 

 

In copertina: Güneş Terkol bandiera preparatoria per il workshop del Centro Pecci, 2020.  Courtesy dell'artista.




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Ren Hang. Nudi | intervista a Cristiana Perrella

Ren Hang. Nudi

a cura di Cristiana Perrella

04 giugno —30 agosto 2020

 

Esplicito ma anche poetico, il lavoro dell’acclamato fotografo e poeta cinese Ren Hang (1987– 2017) è esposto per la prima volta in Italia con una selezione di 90 fotografie, accompagnate da un portfolio che documenta il backstage di uno shooting di Ren Hang nel Wienerwald nel 2015 e un’ampia sezione di libri rari sul suo lavoro. Ren Hang è noto soprattutto per la sua ricerca su corpo, identità, sessualità e rapporto uomo-natura, che ha per protagonista una gioventù cinese nuova, libera e ribelle. Per lo più nudi, i suoi soggetti appaiono su un tetto tra i grattacieli di Pechino, in una foresta di alberi ad alto fusto, in uno stagno con fiori di loto, in una vasca da bagno tra pesci rossi che nuotano oppure in una stanza spoglia, i loro volti impassibili, le loro membra piegate in pose innaturali. Cigni, pavoni, serpenti, ciliegie, mele, fiori e piante sono utilizzati come oggetti di scena assurdi ma dal grande potere evocativo. Sebbene spesso provocatoriamente esplicite nell'esposizione di organi sessuali e nelle pose, che a volte rimandano al sadomasochismo e al feticismo, le immagini di Ren Hang risultano di difficile definizione, scottanti e allo stesso tempo pure, permeate da un senso di mistero e da un’eleganza formale tali da apparire poetiche e, per certi versi, melanconiche. I corpi dei modelli – tutti simili tra loro, esili, glabri, dalla pelle bianchissima e i capelli neri, rossetto rosso e unghie smaltate per le donne – sono trasformati in forme scultoree dove il genere non è importante. Piuttosto che suscitare desiderio, queste immagini sembrano voler rompere i tabù che circondano il corpo nudo, sfidando la morale tradizionale che ancora governa la società cinese. In Cina infatti, il concetto di nudo non è separabile da quello di pornografia e il nudo, come genere, non trova spazio nella storia dell’arte. Le fotografie di Ren Hang sono state per questo spesso censurate. “Siamo nati nudi…io fotografo solo le cose nella loro condizione più naturale” (Ren Hang).


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When fabric becomes manifesto