OK,明白了!

Videodrome di David Cronenberg

#CinemaRitrovato

FILM / IL CINEMA RITROVATO



2022年09月22—28日

Con James Woods, Debbie Harry, Sonja Smits.

(Canada, 1983) 90'; v. or. sott. it – V. M. 14 anni. Versione Restaurata

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Spettacoli
giovedì 22 settembre, ore 19.10 - vm14 - v. or. sott. it
venerdì 23 settembre, ore 21.20 - vm14 - v. or. sott. it
sabato 24 settembre, ore 18.30 - vm14 - v. or. sott. it
domenica 25 settembre, ore 16.10 - vm14 - v. or. sott. it
mercoledì 28 settembre, ore 17.00 - vm14 - v. or. sott. it

 

L’idea nasceva dalle numerose ore notturne che avevo trascorso davanti alla televisione da bambino, quando mi capitava di vedere improvvisamente dei segnali causati da interferenze. […] Era stata quell’esperienza che mi aveva portato a immaginare un uomo che capta per caso un segnale bizzarro, estremo, violento e molto pericoloso. A causa del suo contenuto ne diventa ossessionato, cerca di rintracciarlo e si trova invischiato in un intricato mistero. […] Quando cominciai a scrivere, la storia prese improvvisamente ad alterarsi. Max aveva delle allucinazioni e gli succedevano delle cose fisiche impossibili, andavano anche oltre quelle contenute nel film. A un certo punto si rendeva conto che la sua vita non era come aveva pensato che fosse: lui stesso non era come aveva creduto di essere. Alla fine decisi di interrompere, perché la storia era così esagerata da essere troppo per un solo film. Ciò che avevo scritto mi aveva davvero sbalordito. Se intendi fare dell’arte, devi esplorare alcuni aspetti della tua vita senza riferimenti a istanze o a posizioni politiche. Con Videodrome ho voluto suggerire la possibilità che un uomo sottoposto a immagini violente cominci ad avere delle allucinazioni. Ho voluto sperimentare cosa succederebbe se accadesse davvero quello che i censori sostengono. Come sarebbe? Dove porterebbe? (David Croneneberg)

 

Videodrome è a tutti gli effetti il ‘manifesto’ del cinema di Cronenberg: un film paradigmatico, pluristratificato e scioccante. Sconvolgente come un’allucinazione, lucido e denso come un saggio teorico sul mondo mass-mediale in cui ci è dato di vivere. Raramente il cinema ha portato così in profondità la riflessione su se stesso, sul proprio senso, sul suo rapporto con gli altri media e con il corpo degli spettatori. […] Cronenberg riflette sull’intossicazione iconica derivata dal consumo di immagini televisive e sulle modificazioni fisiche e antropologiche che la diffusione della Tv sta apportando all’apparato percettivo umano. Videodrome ha cioè la forma inquietante di un’interrogazione problematica sulla natura riproduttiva delle immagini e sul rapporto di ambivalente fascinazione e repulsione che l’occhio umano prova di fronte ai propri sogni e ai propri incubi reificati e incessantemente riprodotti sullo schermo della Tv”. (Gianni Canova)

"Max è un imprenditore televisivo, uno che ritiene che il suo lavoro sia dare alla gente quello che vuole, per quanto sordido e squallido possa essere. Nell’universo di Cronenberg, che spesso è molto ingegnoso e inventivo, questo non fa di Max un cattivo. Ne fa un uomo senza scrupoli, e quindi esposto alle diaboliche macchinazioni degli altri. In Videodrome queste abbondano. Così come non manca la giustizia divina. Max è infine trasformato nella personificazione vivente di quello sfruttamento sessuale, mediale, violento che ha contribuito a diffondere. Descrivere questa trasformazione in dettaglio sarebbe svelare troppo dei segreti più sorprendenti e impressionanti di Videodrome. Rick Baker, autore degli effetti speciali, ha creato alcuni trucchi divertenti quanto raccapriccianti, anche se il gore alla fine diventa dominante. Lui e Cronenberg soddisfano perfettamente tutti i requisiti del film horror e in più ricercano uno stile ironico, satirico, che in parte ottengono. [...] Cronenberg, che ha diretto anche Scanners, sta sviluppando un vero talento per questo genere di cose; un esempio dell’innovatività di Videodrome sta nel fatto che sembri vagamente futuristico anche se all’apparenza è ambientato nel presente. La scelta migliore di Cronenberg è senza dubbio l’aver ingaggiato James Woods, che conferisce un eroismo ambiguo al genere horror."
Janet Maslin, “New York Times”, 4 febbraio 1983

 

"Videodrome sembra essere l’unico film finora prodotto negli anni Ottanta ad avere un senso chiaro di quello che comporta la sua decade, l’unico che affondi i denti nella carne del suo tempo. È incentrato sul pubblico: il suo bisogno di evasione, la sua amara mancanza di soddisfazione, il suo flirtare nichilistico col dolore per provare che può ancora sentire qualcosa, l’estremo spiazzamento che tutto questo comporta."
Tim Lucas, “Cinefantastique”, aprile-maggio 1983

 

"Una volta contaminato, Renn è assalito dalle immagini, che sono forse la realtà. L’individuo può ridursi a immagine [...]. L’inventore del procedimento allucinatorio ne è l’esempio più sorprendente. Brian O’Blivion – pseudonimo esplicito: il signor Oblio – ispirato da McLuhan (e anche da Warhol, ha detto Cronenberg) è stato vittima della propria invenzione. Non restano di lui che alcune centinaia di cassette allineate su degli scaffali in uno spazio bianco circondato da vetri, come una cappella funeraria [...]. Non c’è più l’uomo, non resta che l’immagine. Ma, al cinema, l’immagine è la realtà. Cronenberg riprende i motivi orrorifici che ha utilizzato in tutti i suoi primi film. Essere non più il motore di un intreccio ma la materia stessa del film moltiplica la loro potenza. Il demone sotto la pelle mostrava il corpo umano abitato da corpi estranei. Rabid –Sete di sangue insisteva sulla penetrazione. È il soggetto di una scena che diventerà classica grazie ai trucchi di Rick Baker. [...]. L’oggetto ha una vita organica: uno schermo televisivo si tende, si deforma come latex; e ancora: un apparecchio televisivo ha, letteralmente, l’intestino. [...] La natura del film diventa il suo stesso soggetto."
Alain Garsault, “Positif”, n. 281-282, luglio-agosto 1984

 

"Max Renn (un allucinato James Woods) rispecchia fedelmente il personaggio, l’uomo di Cronenberg: un uomo comune al quale accade di sentire qualcosa ‘dentro’, un intruso. È il tema dell’alieno biologico, già tratteggiato da Cronenberg in film come Il demone sotto la pelle, Rabid sete di sangue, Brood la covata malefica, Scanners. L’uomo di Cronenberg, in definitiva, è un personaggio che viene a trovarsi in una vicenda impossibile, sprofondato negli orrori biologici più deliranti e barocchi. Come quando il braccio di Max si trasforma diventando un arto bio-meccanico. Max giunge alla perfetta simbiosi sognata da ogni fanatico video-dipendente: la simbolica fusione con l’apparecchio televisivo. La televisione è vista in Videodrome come pericolo canceroso, intestino, venereo."
Riccardo F. Esposito, “Segnocinema”, novembre 1984

 

"Finito il tempo delle morality plays hammeriane, già a loro volta remake dei classici Universal degli anni Trenta, con i loro eroi faustiani, protagonisti-simbolo (del prodotto Hammer, del genere horror e di un certo modo di concepirlo, ma anche di qualcosa di più che un superficiale brivido di spavento) prigionieri del loro ruolo tanto da far confondere l’attore con il personaggio interpretato [...], l’horror film ha preso ormai una strada diversa.
Non più protagonisti eccezionali, inseriti in vicende altrettanto eccezionali, che erano un po’ l’assoluto Altro da sé rispetto allo spettatore, ma anche un po’ il suo Alter Ego, nascosto e inconfessabile, diventato tuttavia alla lunga prevedibile e, nella sua prevedibilità, involontariamente rassicurante.
La distanza che si creava fra spettatore e vicenda rappresentata, distanza spaziale (il solito castello semi-abbandonato), spesso anche temporale, ben compendiata nelle figure dei protagonisti, spesso nobili e comunque estranei ad ogni contesto sociale borghese, ha lasciato il posto ad una approssimazione sempre più accentuata a situazioni, ambienti ed accadimenti più vicini all’esperienza quotidiana dello spettatore.
[...] In Videodrome, la ‘distanza’ è praticamente annullata, la ‘con-fusione’, totale, coinvolge nella stessa misura lo spettatore (tramite la sua perfetta controfigura presente sullo schermo), inteso come fruitore passivo, e l’oggetto della fruizione in una metamorfosi lenta ma inesorabile che è anche un sogno, o più probabilmente un incubo, dal quale è impossibile svegliarsi.
Il protagonista, Max Renn (un ottimo James Wood) è un uomo comune, con gli stessi desideri dello spettatore: spaventarsi, stupirsi, emozionarsi di fronte ad immagini sempre nuove ed inedite. E infatti proprietario di una piccola TV specializzata in ‘x’ movie che spesso si limita a rubare immagini da altre TV per poi ritrasmetterle al proprio pubblico. Questo, almeno, fino a quando non scoprirà Videodrome, un programma mai visto prima e molto ‘forte’: allora i confini fra Corpo e Mente, Materia e Pensiero (dualismo questo da sempre presente nell’opera di Cronenberg), come fra io narrato ed io narrante, cominceranno a sfaldarsi.
Ma quando il pericolo rappresentato da Videodrome, morbo canceroso lanciato per l’etere a colpire il cervello dell’ignaro videodipendente, ha cominciato a fare il suo effetto? Quando comincia l’allucinazione? (e dove finisce la realtà?) Max Renn è incapace di distinguere la realtà dall’allucinazione: per lo spettatore tutto è reale (e tutto finzione del reale)."
Marco Marinelli, “Cineforum”, settembre 1986

 

"Videodrome costruisce sugli effetti speciali, ma non meno sulla struttura narrativa, come nel modo di girare, che non presenta alcuna frattura, ma si dà come struttura unitaria, una dimensione percettiva che annulla la linea di divisione tra realtà e allucinazione. Nel momento in cui realtà e allucinazione si fondono, vengono a sparire o a cambiare di personalità i personaggi, che all’interno del racconto costituiscono il ‘reale’. Così l’universo del protagonista si popola di figure ambigue (in quanto alla loro esistenza o in quanto alle loro caratteristiche).
Il film appare così diviso in due parti. Una iniziale in cui è ancora possibile riconoscere una narrazione, che individua realtà e sogno, un’altra che è un viaggio ad occhi aperti in cui la percezione dell’irreale diventa reale e la realtà si carica dei nostri incubi e delle nostre paure, avvolgendoci in una dimensione a perdita negli abissi del nostro inconscio. Il film opera a livello profondo e viscerale, negandosi una catarsi in qualsiasi ‘spiegazione’ razionale. Entra letteralmente dalla pancia aperta a disturbare con forza le nostre percezioni, riuscendo a condurci in un orrido, quanto inspiegabile (ma forse sarebbe proprio interessante tradurre quel delirio) precipizio in cui non è tanto ciò che si vede a far inorridire quanto la perdita del senso di realtà, o di ‘finzione’, un dispiegamento di assoluta irrazionalità nella struttura filmica quasi come se la materia avesse preso la mano al regista, là dove probabilmente tutti i suoi cedimenti sono millimetricamente calcolati. Questo non enunciare ma far vedere fino in fondo quella che è la chiave della follia o il pericolo dell’uso di ogni genere di immaginario, se da un lato può essere ingenuo dall’altro è condotto tanto approfonditamente da impedirne la liquidazione. E se è vero che tutto questo per Cronenberg è un pretesto per un gioco di strategie tra il moralistico e il perverso, tra l’ironia e il messaggio, è anche vero che si dà alla visione con una forza tale da generare realmente malessere, crisi, ripensamenti."
Edoardo Bruno, Silvana Cielo, “Filmcritica”, n. 368, ottobre 1986


Il Cinema ritrovato


地点
Cinema - Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci

Viale della Repubblica, 277, 59100 Prato PO, Italia


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