Sin dagli esordi negli anni Settanta il lavoro di Marco Bagnoli si sviluppa come ricerca di una sintesi possibile
fra tensione spirituale dell’arte, natura trascendente dell’immagine e rigore scientifico adottato in esplorazioni e combinazioni di generi quali la scultura, la pittura e il disegno, ma soprattutto in riflessioni su forme e materiali organizzati dall’artista secondo schemi e formule ricorrenti.
Elementi della cultura orientale e richiami a civiltà del passato si uniscono nelle sue opere a considerazioni filosofiche e verifiche sperimentali, collegati spesso all’elemento immateriale della luce, inteso da Bagnoli non solo come realtà fenomenica ma anche come entità mistico-religiosa.
Nei lavori intitolati Città del sole, appartenenti alla collezione del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, l’artista evoca l’omonimo saggio-utopia su una società ideale scritto agli inizi del Seicento dall’intellettuale e filosofo Tommaso Campanella.
Il primo è costituito da una tavola trattata a intonaco e incassata a parete, realizzata da Bagnoli nel 1997
come nuova versione di un’opera di dieci anni prima esposta in occasione della mostra Europa Oggi (1988).
Il disegno geometrico a graffito che vi compare visualizza in forma di mappa uno schema di X ripetute, detto a “quinconce”: il termine (dal latino: quincunx-uncis, cinque once, riferito alla frazione di 5/12) consiste nella ripetizione e congiunzione spaziale di quattro punti disposti ai vertici di un quadrato e uno nel mezzo, da cui deriva la disposizione di piante nell’orto e di alberi nei frutteti al fine di mantenerli sempre esposti alla luce del sole. Al centro dell’opera si staglia una banda verticale di colore rosso illuminata da un sagomatore, segno emblematico associato dall’artista al concetto di soglia, di apertura e quindi per estensione di comprensione e conoscenza.
Il secondo lavoro, simile nella forma ai grandi lucernai posti sul tetto del museo, è composto da lastre di vetro sabbiato che ricoprono una struttura metallica. La luce emanata da una fonte posta al suo interno, collocata direttamente sul pavimento, ne ribalta la funzione originaria di finestra alludendo altresì ad uno spazio auratico che si sviluppa idealmente in profondità.
La sezione triangolare dell’opera, i cui vertici rappresentano la relazione speculativa tra Arte, Religione e Scienza (ARS), rimanda simbolicamente alla stessa X assimilata dall’artista allo schema a “quinconce”. Questa rappresenta il termine centrale della formula SPAZIO X TEMPO, che contiene la derivazione IO X TE, in cui si sintetizza il rapporto fra l’artista e il mondo. [S.P.]
Bibliografia
A. Barzel (a cura di), Europa oggi, catalogo della mostra, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Centro Di, Firenze / Electa, Milano, 1988.
A. Barzel (a cura di), La collezione 1988-1990, catalogo, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato 1990. A. Soldaini (a cura di), Marco Bagnoli, catalogo della mostra, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato 1995.
S. Pezzato (a cura di), Collezione permanente, catalogo, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato 1998.
Struttura in ferro, vetri sabbiati, luce elettrica, cm 230x600x330