Vacina è composta da un alto bacile sul cui bordo camminano sette piccoli uomini non distinti da alcuna particolare connotazione fisica. L’opera è preceduta da una versione simile del 1995 di dimensioni più ridotte ma di analogo significato (Vacina, esposta nel 1997 a Palazzo Fabroni, Pistoia).
Alberto Boatto riferisce che il monumentum all’uomo che cammina è la Vacina, deformazione del termine “vagina” e avvio alle variazioni fonetiche che possono condurre fino a “voragine”. Gli uomini sono prigionieri di un terribile percorso circolare, di una circumambulatio, sottoposti alla minaccia della vertigine, di precipitare ancora più in basso, nel vuoto. La scultura restituisce un’immagine molto efficace di uno stato di costrizione, di una invariabile ripetizione lungo un cammino volto all’infinito. Le figure anonime modellate da Barni, malgrado gli ostacoli, sfidano il loro equilibrio precario sostando lungo un ultimo confine, assimilabile alla caducità dell’uomo. L’artista non si definisce pittore o scultore, ma creatore di concrezioni esistenziali e a proposito di quest’opera, ricorda: “ho sempre pensato di realizzare un ‘atto muto’ ma avevo bisogno di un pretesto”. L’idea di Vacina, testimonia Barni, nacque facendo lo sciacquo della cera dentro il bacile della fonderia di Pietrasanta. “Stavo lavorando a dei piccoli ometti di cera. Li vidi camminare sul bordo, dentro vi era la cera bollente, cadendoci si sarebbero sciolti”. [G.M.]
Bibliografia
A. Boatto (a cura di), Roberto Barni. Affezioni, catalogo della mostra, Palazzo Fabroni, Pistoia, Maschietto & Musolino, Firenze-Siena 1997.
S. Pezzato (a cura di), Collezione permanente. Nuove acquisizioni, catalogo, Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci, Gli Ori, Prato 2002.
Roberto Barni. Figure di passaggio, catalogo della mostra, Galleria Alessandro Bagnai, Firenze-Siena, Gli Ori,
Prato 2003.
Bronzo, acqua, anilina, cm 148,5x270 (diametro)
Donazione di Loriano Bertini, Ivan Gori, Alberto Pecci, Elena Pecci e Rifinizione Nuove Fibre SpA del Gruppo Mazzi, Montemurlo