OK,明白了!

Giulia - Una selvaggia voglia di libertà di Ciro De Caro

Prime Visioni #Venezia78

FILM / PRIME VISIONI



2022年02月17—23日

Con Rosa Palasciano, Valerio Di Benedetto, Fabrizio Ciavoni.

(Italia, 2021) 109'

 
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SPETTACOLI
giovedì 17 febbraio ore 21.15
venerdì 18 febbraio ore 18.00
sabato 19 febbraio ore 21.15
domenica 20 febbraio ore 11.00 - 18.30
mercoledì 23 febbraio ore 19.10

 



Giulia vaga per le vie di Roma in cerca di lavoro. Priva di un'occupazione stabile, la protagonista non cede alle difficoltà del suo cammino e dimostra di volersi aggrappare fermamente alla vita. Dopo una relazione finita male, insegue un sogno illusorio di maternità desiderando allo stesso tempo sentimenti di libertà, leggerezza e amore. Con il suo zainetto in spalla, trova casa ovunque lei vada. Gli incontri che farà colmeranno le sue giornate dandole un tetto e molto sostegno. Questa torrida estate romana è, per lei, un periodo di speranza e di ripresa dove finalmente capisce che deve essere lei il motore della sua vita.

"Ciro De Caro torna alla regia a cinque anni di distanza da Acqua di marzo con Giulia, brillante racconto ironico ma non privo di profonde amarezze di una giovane ragazza alla prese con la “crisi”. Ma quale, quella derivata dalla pandemia, quella economica, quella personale? Impreziosito dalle interpretazioni di Rosa Palasciano, Valerio Di Benedetto e Fabrizio Ciavoni, Giulia è la dimostrazione delle potenzialità di un cinema puramente indipendente, nonché una delle migliori commedie italiane degli ultimi anni. 
Alle Giornate degli Autori, nella sezione “Notti Veneziane”, approda una commedia triste e centrifuga, sospinta in avanti da un moto perpetuo ma privo di direzione: il regista Ciro De Caro (Spaghetti Story, Acqua di marzo) realizza un film episodico, dotato di grazia e naturalezza, che riesce a essere molto drammatico ma con soave amarezza e attingendo alla tradizione di un cinema ormai lontano, quello degli Scola e dei Pietrangeli, e con un personaggio femminile che, altrimenti declinato, potrebbe essere al centro di un film di Antonioni. Non fa tanto ridere, alla fin fine, questo racconto all’apparenza lieve e che, in maniera molto intelligente, inserisce la pandemia nella trama senza alcun didascalismo o appesantimento. Semplicemente la storia di Giulia (la bravissima Rosa Palasciano, anche co-autrice della sceneggiatura assieme al regista) si svolge nell’estate del 2020, alla fine del pesante lockdown che tutti conosciamo bene, quando la vita tornava a scorrere, riprendendo un po’ là dove si era fermata. Il problema è che quella di Giulia non era una vita così risolta e la fine della reclusione porta con sé più grane che altro. Ma il film ha, cosa rara anche su questi schermi veneziani, il coraggio di non negare il contesto pandemico, mostrando mascherine e test sierologici, in una maniera che non diventa mai determinante ma soltanto concomitante. La pandemia è una concomitanza disastrosa, l’ennesima, che fa da contorno a una vicenda di vagabondaggio esistenziale, materiale, psicologico. La pandemia è solo entrata nella realtà e nelle vicende di una serie di personaggi già dissestati.
Giulia si apre sulla protagonista, disoccupata, a un colloquio di lavoro: la ragazza, una trentenne dai capelli rossi e dal volto fin troppo espressivo, dice di non lavorare “dalla crisi”. Ma quale crisi? La “crisi” per Giulia non pare essere appunto quella del Covid, in fondo soltanto una delle tante che hanno stremato le ultime generazioni, dunque non si sa bene a quando far risalire questa “crisi” che di certo però non deve essere recente. Il contrasto tra la sua vana ricerca (di lavoro e poi di un tetto e poi in realtà di qualsiasi forma di equilibrio) diventa ancor più evidente quando vediamo Giulia al centro anziani dove fa la volontaria, un’attività che la fa sentire utile e che le fa anche guadagnare qualcosa: i pensionati del centro sono sereni, alcuni benestanti, i vedovi corteggiano le vedove, nessuno ha intenzione di sentirsi vecchio, non si rinuncia alle vacanze neppure “nell’anno del virus” e si pensa ancora al futuro. Giulia, e con lei i personaggi che un po’ alla volta entreranno in scena, fa parte invece di una generazione allo sbando che questo film nomade mette in scena senza far mai esplodere drammi ma facendo risaltare lo sfascio che una crisi permanente produce, la risultante per cui alla fine ognuno non può che essere intimamente estraneo agli altri. Giulia è un film pieno di azioni interrotte a metà poiché nulla è vera causa di qualcos’altro, pieno di primi piani e fuori fuoco sui volti altrui perché ognuno è monade per se stesso. Chiaramente il centro gravitazionale dello sguardo è lei, Giulia, che viene mandata via dall’ex fidanzato che l’ha ospitata durante il lockdown, che è ossessionata dall’idea di una maternità mancata ma mai realmente pianificata con l’ex, che è sempre stonata rispetto a ogni situazione e suona la chitarra per gli anziani. E che solo cantando o ballando si libera davvero, pulsionale e priva di struttura com’è. Tormentata e alienata, Giulia mette in atto comportamenti ai limiti dell’assurdo, risultando a tutti gli effetti una mezza pazza, ma dimostra di essere anche una persona stremata, incapace di entrare in una limpida connessione con gli altri e sfinita da questa poco costruttiva reciprocità. Nella sua vita, a un certo punto, arriva Sergio (Valerio Di Benedetto) attore senza lavoro che va al centro anziani per racimolare qualche soldo: per Giulia è un’invasione di campo inaccettabile ma, dovendo in realtà trovare un posto in cui dormire, l’arrivo di Sergio pare tornare utile. Il ragazzo, a sua volta, coabita con un ventenne perdigiorno (Fabrizio Ciavoni, talentuosissimo corpo comico), proprietario dell’appartamento in cui i due menano un’esistenza piuttosto vacua: Giulia si appoggia a casa loro, ma anche in questo caso le cose si incrinano in fretta. Tra le varie intuizioni di De Caro risulta brillantissima l’idea che l’episodio deflagrante, quello che dà il colpo di grazia al debole equilibrio mentale della protagonista, sia la chiusura del centro anziani da parte del Comune per evitare gli assembramenti: per Giulia la cosa risulta ulteriormente devastante. Cercando di distrarre la ragazza, Sergio e Ciavoni la portano al mare: non sarà che l’ennesima divagazione che non serve a niente se non a negare un disagio che, a un certo punto, non sarà più negabile. Di fatto i piccoli mondi che Giulia attraversa sono tutti chiusi in loro stessi, falsamente empatici, popolati da persone non cattive ma neppure buone, molte delle quali senza aspettative quindi in balia di pulsioni momentanee. Gli incontri sono fortuiti così come le relazioni quotidiane: fortuita la coabitazione tra Sergio e il nullafacente Ciavoni, fortuita la festa mesta in terrazzo con conoscenti raccattati all’ultimo minuto. Fortuiti i rapporti coi vicini di casa di Ciavoni, tra cui Nella, il cui fidanzato è morto da poco ma che viene scomodata da Sergio solo per chiederle se ha del caffè. E anche Sergio, che fino a un certo punto cerca di «star dietro» alle bizzarrie di Giulia, alla fine si rivelerà meschino o, forse, semplicemente risponderà come può a quella crisi permanente che da chissà quanti anni ha investito pure lui.
Film indipendente nel senso più puro e pieno del termine girato nell’estate del 2020, Giulia è incentrato su una generazione mentalmente precaria ed esistenzialmente dissestata già ben prima della pandemia e inserisce il Covid in una società in cui tutto è già da tempo franato: introiettata come dimensione scontata, l’impossibilità di proiettarsi nel futuro genera nei protagonisti un errare psichico e un’inerzia vitale in cui tutto – a partire dai sentimenti e dalle identità personali – diviene inconsistente. Questo film, leggiadro e nevrotico come la sua protagonista, riesce a essere amaramente incisivo nei suoi rapporti rarefatti, nelle sue svagatezze, nelle stramberie che sono un modo di reagire a una durezza concreta sebbene ferocemente invisibile. Un Conte d’été di una generazione che gira a vuoto in cui il ritratto di una giovane donna quasi autistica diventa l’occasione per parlare di un mondo che le somiglia tanto senza rendersene conto. In questo disequilibrio, in questa crisi che genera instabilità, anche un tuffo sott’acqua può causa attesa, angoscia, e lasciare con il fiato sospeso. Alla terza opera da regista De Caro dimostra di saper gestire in modo compiutamente maturo la messa in scena, firmando una delle commedie più riuscite prodotte dal cinema italiano negli ultimi anni."

(Elisa Battistini, quinlan.it)


 

 

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giovedì 17 febbraio ore 21.15
venerdì 18 febbraio ore 18.00
sabato 19 febbraio ore 21.15
domenica 20 febbraio ore 11.00 - 18.30
mercoledì 23 febbraio ore 19.10


Prime visioni


地点
Cinema - Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci

Viale della Repubblica, 277, 59100 Prato PO, Italia


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venerdì 18 febbraio ore 18.00
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mercoledì 23 febbraio ore 19.10

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