Cinema Ritrovato
(Vampyr - Der Traum des Allan Grey; Francia-Germania, 1932) 73' v. or. sott. it
Con Sybille Schmitz, Julian West, Henriette Gérard, Rena Mandel
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SPETTACOLI
giovedì 13 gennaio ore 21.30 - v. or. sott. it
venerdì 14 gennaio ore 20.00 - v. or. sott. it
sabato 15 gennaio ore 16.30 - v. or. sott. it
domenica 16 gennaio ore 16.30 - v. or. sott. it
mercoledì 19 gennaio ore 18.00 - v. or. sott. it
giovedì 20 gennaio ore 20.05 - v. or. sott. it
venerdì 21 gennaio ore 19.45 - v. or. sott. it
sabato 22 gennaio ore 16.30 - v. or. sott. it
domenica 23 gennaio ore 16.30 - v. or. sott. it
mercoledì 26 gennaio ore 20.05 - v. or. sott. it
Uno dei grandi film della storia del cinema, una delle avventure più enigmatiche e coinvolgenti che gli occhi degli spettatori abbiano mai incontrato, e uno dei restauri più preziosi realizzati dalla Cineteca di Bologna. Realizzato da Dreyer nel 1931, all’indomani del capolavoro La passione di Giovanna d’Arco e dell’avvento del sonoro, liberamente ispirato ad alcuni racconti di Sheridan Le Fanu, Vampyr è un film horror, un film fantastico, un film di nebbie, di luminescenze, di poche parole, di terrificanti rumori. “E quando fu sul ponte, gli vennero incontro i fantasmi”: da qui parte la strana avventura del giovane David, che solo in un paese straniero (forse un sogno, forse il suo inconscio), immerso in un eterno crepuscolo, dovrà affrontare segnali malefici, ombre ambigue, misteriose morti, indecifrabili personaggi per trionfare sull’occulto, invisibile vampiro e poter tornare alla luce e all’amore.
Un sogno dentro un sogno. C’è tantissimo Edgar Allan Poe nel Vampyr di Dreyer che prende le dovute distanze sia da Nosferatu (1922) di Murnau che dal più vicino Dracula (1931) di Tod Browing. L’ispirazione non è Bram Stoker ma le novelle orrorifiche Carmilla, The Room in the Dragon Volant, The Familiar e Mr. Justice Harbottle di Joseph Sheridan Le Fanu, tutte contenute nel volume In The Glass Darkly pubblicato nel 1872. Dreyer utilizza le coordinate del genere per sperimentare nuove tecniche e distaccarsi dall’Espressionismo: non più il bianco e nero contrastato, la centralità del vampiro (maschio), un racconto lineare con personaggi facilmente identificabili, ma una fotografia grigia e nebbiosa, una vampira dalle velate inclinazioni saffiche, il punto di vista instabile di un indagatore di incubi, un totale ribaltamento tra realtà e sogno che parcellizza la narrazione.
David ‘Allan’ Gray (Julian West pseudonimo del produttore Nicolas De Gunzburg) è un esperto di situazioni paranormali e nelle sue peregrinazioni arriva in una strana locanda francese a Coutempierre dove, tra loschi figuri e ombre sinistre, compare un castellano (Maurice Schutz) le cui figlie Léone (Sybille Smith) e Gisèle (Rena Mandel) sono vittime di una vecchia vampira, Marguerite Chopin (Henriette Gérard). Da qui si dipana una vicenda misteriosa che ha il suo fulcro narrante in un libro antico (1820) dal titolo La strana storia dei vampiri che guida Gray dentro i labirinti dell’incubo.
Dreyer muove la macchina da presa negli interni destabilizzando lo spettatore: piccole stanze si trasformano in corridoi e nuove porte d’entrata rendendo gli spazi irreali; Gray si perde ai lati delle inquadrature ricomparendo a sorpresa in spazi claustrofobici mentre ombre spettrali ballano e danzano sui muri staccandosi dai corpi (la scena del soldato con la gamba di legno è un riuscitissimo effetto speciale alla Méliès). L’effetto è amplificato dalla fotografia opalescente di Rudolph Maté che inverte il giorno con la notte e dall’utilizzo di suoni e rumori d’atmosfera; è infatti il primo film sonoro di Dreyer). Con queste tecniche d’avanguardia il peregrinare di Gray è quello di un’ anima in pena che vaga attraverso i fantasmi del proprio subconscio materializzando paure e desideri. Ad un certo punto si può davvero pensare che tutti i personaggi rappresentati siano già morti e che persino il protagonista, dopo una trasfusione di sangue che dovrebbe salvare la vita di Léone, si trasformi in anima errante osservando la propria morte. La scena è una delle più famose di tutto il cinema di Dreyer e venne girata in soggettiva dal punto di vista di un cadavere all’interno della bara: si vedono le mani che avvitano le assi della cassa, una candela posizionata sopra il vetro dell’apertura, ombre sul soffitto, il viso della strega e del medico pazzo (Jan Hieronimko), il profilo della chiesa con suoni di campane, alberi piegati dal vento, nuvole che oscurano il sole.
La imago mortis viene simbolicamente rappresentata sia dai frequenti quadri raffiguranti scheletri che dalla figura del contadino con la falce la cui ombra si proietta sul sonno della ragione generando mostri. Il lesbismo sottostante la matrice letteraria di Carmilla viene solo relegato a una scena, quella della vampira che nel bosco si china sul collo di Léone per succhiarle il sangue. Il finale con la morte per mezzo degli ingranaggi di un mulino richiama A Corner in Wheat di Griffith e sarà citato da numerosi altri film a venire (Il mulino delle donne di pietra di Giorgio Ferroni, Witness. Il testimone di Peter Weir).
Clamoroso insuccesso di critica e pubblico che portò Dreyer a un collasso nervoso, Vampyr è una seduta psicoanalitica attraverso i misteri del sogno influenzata maggiormente dal Surrealismo di Buñuel (L’age d’or) e Cocteau (Il sangue di un poeta) e in minima parte dall’espressionismo di Wiene (Il gabinetto del dottor Caligari) e di Wegener e Boese (Il Golem-Come venne al mondo). L’opera parte dalla frammentazione di un punto di vista soggettivo per dare forma ai contenuti conflittuali del materiale onirico. Il viaggio del protagonista dentro la paura della morte diventa un tentativo per esorcizzarla: la barca porta le due anime dall’altra parte del fiume ma quelle voci che sentiamo di rimando sono semplicemente l’eco di un sogno dentro un sogno.
Variazione sul tema vampiresco con nette influenze letterarie (Edgar Allan Poe) e rimandi evidenti al Surrealismo (Buñuel, Cocteau). Clamoroso insuccesso, oggi è una tappa fondamentale nell’horror. (Fabio Fulfaro, sentieriselvaggi.it, 10/01/2022)
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giovedì 13 gennaio ore 21.30 - v. or. sott. it
venerdì 14 gennaio ore 20.00 - v. or. sott. it
sabato 15 gennaio ore 16.30 - v. or. sott. it
domenica 16 gennaio ore 16.30 - v. or. sott. it
mercoledì 19 gennaio ore 18.00 - v. or. sott. it
giovedì 20 gennaio ore 20.05 - v. or. sott. it
venerdì 21 gennaio ore 19.45 - v. or. sott. it
sabato 22 gennaio ore 16.30 - v. or. sott. it
domenica 23 gennaio ore 16.30 - v. or. sott. it
mercoledì 26 gennaio ore 20.05 - v. or. sott. it
Viale della Repubblica, 277, Prato
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venerdì 14 gennaio ore 20.00 - v. or. sott. it
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domenica 16 gennaio ore 16.30 - v. or. sott. it
mercoledì 19 gennaio ore 18.00 - v. or. sott. it
giovedì 20 gennaio ore 20.05 - v. or. sott. it
venerdì 21 gennaio ore 19.45 - v. or. sott. it
sabato 22 gennaio ore 16.30 - v. or. sott. it
domenica 23 gennaio ore 16.30 - v. or. sott. it
mercoledì 26 gennaio ore 20.05 - v. or. sott. it