OK,明白了!

The Missing Planet

Visioni e revisioni dei "tempi sovietici" dalle collezioni del Centro Pecci ed altre raccolte

 

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2019年11月08日—2020年09月27日

A cura di Marco Scotini e Stefano Pezzato, progetto di allestimento di Can Altay

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The Missing Planet  apre un nuovo programma di mostre, ideato dalla direttrice Cristiana Perrella e dedicato ad approfondire temi, periodi e linguaggi della collezione del Centro Pecci, affidandone la cura ad un esperto invitato come guest curator e affiancato dal responsabile delle collezioni e archivi Stefano Pezzato.

 

La cura di questa prima mostra è affidata a Marco Scotini che ha integrato decine di opere della collezione del Centro Pecci con altre provenienti da importanti collezioni e istituzioni italiane e internazionali, per comporre una 'galassia' delle principali ricerche artistiche sviluppate nelle ex repubbliche sovietiche tra gli anni Settanta e oggi: dalla Russia alle province baltiche, caucasiche e centro-asiatiche. Il progetto originale dell’allestimento è dell’artista Can Altay. La mostra sarà accompagnata da un calendario speciale di eventi, curato da Camilla Mozzato, e un programma di cinema, curato da Luca Barni.

 

A trent'anni dalla caduta del muro di Berlino e dalla successiva dissoluzione dell’URSS, non si può evitare la domanda su come sia cambiato il mondo in questi decenni, privato della radicale alternativa che rappresentò per Settant'anni il Paese dei Soviet. Quello che allora doveva apparire come un nuovo inizio, di fatto, di nuovo aveva ben poco nei suoi obiettivi: si trattò della negazione del cosiddetto Est (dei suoi valori) in favore di un’affermazione (espansione) dell’Ovest che, da quel momento, si sarebbe rivelato onnipresente e onnipotente. Che senso ha ritornare al Pianeta Rosso in un momento in cui le "stelle" del capitalismo sono libere di muoversi lungo le proprie orbite, senza più pressioni o attriti con corpi "alieni"? 

 

Trent'anni sono passati anche dalla prima mostra che il Centro Pecci dedicò, tempestivamente e pionieristicamente, alla scena artistica non-ufficiale sovietica, sull'onda della Perestrojka. Nella primavera del 1990, Artisti Russi Contemporaneia cura di Amnon Barzel e Claudia Jolles, testimoniò l’euforia del momento e, contemporaneamente e contraddittoriamente, la nascita di un sentimento di timore verso il futuro.

A questa prima mostra, il Centro Pecci ne fece seguire un'altra, altrettanto importante: Progressive Nostalgia, a cura di Viktor Misiano. Una mostra che testimoniò la disillusione dello spazio post-sovietico di fronte ai processi di transizione e integrazione in Occidente, la crisi del capitalismo finanziario, dello smantellamento dei diritti sociali e della svolta autoritaria del liberismo, rimettendo totalmente in discussione l’ottimismo iniziale e registrando lo sconforto di fronte al fallimento del presente.

 

The Missing Planet si propone oggi come attuale e ultimo capitolo dell'ideale trilogia post-sovietica al Centro Pecci e non potrà che confrontarsi con un duplice passato: quello dell’utopia da un lato e quello della memoria dall'altro, a partire da opere delle due esposizioni precedenti. Se Artisti Russi Contemporanei  ha testimoniato la svolta mancata, con l'apertura a Est, e Progressive Nostalgia ha evocato la storia perduta, mettendo in scena una sorta di lutto o commiato, la nuova mostra propone un approccio archeologico dove fantasmi e realtà cercano di fare i conti con le "rovine del futuro". L’intento è quello di agire sul tempo, ma anche "contro" di esso, in favore di un tempo che deve ancora accadere. Per questo, tra metafora e realtà, la mostra propone un immaginario cosmico e utopistico che ha accompagnato l'epopea dell’Unione Sovietica, trasformando lo spazio espositivo del museo in uno Space Shuttle, dentro al quale Solaris di Andrei Tarkovskij incontra Kunst camera di Sergei Volkov come pure Once in the XX Century di Deimantas Narkevicius.

 

Immagine di copertina: 

Vladislav Shapovalov, Political Dreams, 2018

 




地点
Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci

Viale della Repubblica, 277, 59100 Prato PO, Italia


Ingresso gratuito fino all'8 settembre

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