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Artisti russi contemporanei | 1990

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Artisti russi contemporanei 

A cura di Amnon Barzel e Claudia Jolles

Opere di Erik Bulatov, Igor e Svetlana Kopystiansky, Ilya Kabakov, Medical Hermeneutics, Perzi , Sergei Volkov, Vadim Zakharov , Konstantin Zvezdochotov 10 febbraio—14 maggio 1990

 

La mostra degli Artisti russi contemporanei  si apre in uno dei momenti più cruciali e drammatici della storia europea dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. L’arte prodotta oggi in Russia, rappresenta una tappa, un’identità ed è una dimostrazione del fatto che non vi è scissione tra arte e società. Dopo i tumultuosi cambiamenti provocati nell’Europa orientale dalla Perestrojka, gli anni ’90 hanno portato un’anomalia di un’Europa divisa in due culture; un’anomalia brutale che già aveva interrotto il flusso dell’informazione culturale e dello scambio delle idee fra Oriente e Occidente. La storia dell’arte sovietica degli ultimi quattro decenni è, in realtà, quella della lotta dell’arte non-ufficiale per sopravvivere e creare. Una storia contraddistinta dall'oppressione esercitata nei confronti di questi artisti dalle autorità politiche e dall’establishment ufficiale dell’arte. La contestazione è il terreno su cui tutta la vera arte si fonda, cresce e si sviluppa, in Occidente come in Oriente, oggi come in passato. La mostra presenta una scelta di opere di artisti russi non-ufficiali dagli anni ’60 ad oggi; vi sono rappresentate due generazioni: quella dei più vecchi e classici artisti non-ufficiali, come Kabakov e Bulatov; e una generazione di giovani artisti degli anni ’80. Anche se non amano essere definiti artisti politici, il loro lavoro parla della loro condizione di individui in lotta contro una situazione di oppressione. Kabakov e Bulatov e i loro colleghi hanno lavorato in un ambiente fatto di pericolo, rifiuto totale e isolamento. L’arte di questa generazione più anziana è piena delle allusioni e dei sussurri di coloro che esprimono il loro idealismo, la loro etica e la loro critica nell’oscurità. Gli artisti della generazione più giovane invece sono più indiretti e nutrono un forte interesse per il linguaggio artistico occidentale che per loro rappresenta la libertà. Fra i loro mezzi ci sono l’ironia, la critica aspra, l’umorismo come arma dei deboli, le preoccupazioni sociali e i confronti sarcastici fra il mito e la propaganda e la reale sofferenza della vita quotidiana. Come ha detto Ilya Kabakov: “Per quarant’anni abbiamo sentito parlare di questo fiume di arte in Occidente. Pensavamo che non esistesse affatto, ma io ho sentito il suo odore nell’aria. Adesso, da due anni, io sono in questo fiume e sono molto felice di nuotarci dentro”, e questa mostra ne è la dimostrazione.

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Ren Hang. Nudi | Shortcuts

REN HANG. NUDI

a cura di Cristiana Perrella
 4 giugno – 23 agosto 2020

 

Esplicito ma anche poetico, il lavoro dell’acclamato fotografo e poeta cinese Ren Hang (1987– 2017) è esposto per la prima volta in Italia con una selezione di 90 fotografie, accompagnate da un portfolio che documenta il backstage di uno shooting di Ren Hang nel Wienerwald nel 2015 e  un’ampia sezione di libri rari sul suo lavoro.

Ren Hang è noto soprattutto per la sua ricerca su corpo, identità, sessualità e rapporto uomo-natura, che ha per protagonista una gioventù cinese nuova, libera e ribelle.

Per lo più nudi, i suoi soggetti appaiono su un tetto tra i grattacieli di Pechino, in una foresta di alberi ad alto fusto, in uno stagno con fiori di loto, in una vasca da bagno tra pesci rossi che nuotano oppure in una stanza spoglia, i loro volti impassibili, le loro membra piegate in pose innaturali. Cigni, pavoni, serpenti, ciliegie, mele, fiori e piante sono utilizzati come oggetti di scena assurdi ma dal grande potere evocativo. Sebbene spesso provocatoriamente esplicite nell'esposizione di organi sessuali e nelle pose, che a volte rimandano al sadomasochismo e al feticismo, le immagini di Ren Hang risultano di difficile definizione, scottanti e allo stesso tempo pure, permeate da un senso di mistero e da un’eleganza formale tali da apparire poetiche e, per certi versi, melanconiche. I corpi dei modelli – tutti simili tra loro, esili, glabri, dalla pelle bianchissima e i capelli neri, rossetto rosso e unghie smaltate per le donne – sono trasformati in forme scultoree dove il genere non è importante. Piuttosto che suscitare desiderio, queste immagini sembrano voler rompere i tabù che circondano il corpo nudo, sfidando la morale tradizionale che ancora governa la società cinese. In Cina infatti, il concetto di nudo non è separabile da quello di pornografia e il nudo, come genere, non trova spazio nella storia dell’arte. Le fotografie di Ren Hang sono state per questo spesso censurate. “Siamo nati nudi…io fotografo solo le cose nella loro condizione più naturale” (Ren Hang).

 

Quando

04.06.2020 — prorogata fino al 30 agosto 2020
Foto in copertina: Ren Hang, Untitled, 2015. Courtesy OstLicht Gallery e Ren Hang Estate

 

Sky Arte è Media Partner della mostra Ren Hang. Nudi


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Dalla Caverna alla Luna

Due percorsi espositivi, articolati fra l'ala grande del nuovo e metà del vecchio edificio museale, suddivisi in otto sezioni collegate dialogicamente con spettacolari evidenze, attraverso relazioni inedite e raffronti originali fra le opere che inglobano oppure evitano di volta in volta combinazioni filologiche per generi artistici, gruppi stilistici o cronologia storica, raccontano una prima parte del patrimonio d'arte contemporanea raccolto negli ultimi tre decenni dal Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, finalmente presentata al pubblico. Il pubblico potrà entrare dentro la collezione del Centro Pecci per farsi stimolare dall'incontro con le opere o lasciarsi coinvolgere dalle combinazioni proposte, in una visita d'arte ricca di suggestioni e rivelazioni. L'esposizione si sviluppa fra il tempo ancestrale evocato dalla leggendaria Caverna dell'antimateria di Pinot Gallizio e lo spazio cosmico anticipato dalla Luna di Fabio Mauri, passando per la proliferazione energetica emersa ne La spirale appare di Mario Merz, l'habitat futuribile della Supersuperficie immaginata dal Superstudio, l'integrazione fra arte e architettura sperimentata nell'Intercamera plastica di Paolo Scheggi.

 

Artisti: Vito Acconci, Vahram Aghasyan, Archizoom Associati, Marco Bagnoli, Pier Paolo Calzolari, Paolo Canevari, Loris Cecchini, Marcos Chaves, Giuseppe Chiari, Fabrizio Corneli, Enzo Cucchi, Gino De Dominicis, Ulan Djaparov, VALIE EXPORT, Jan Fabre, Factory of Found Clothes, Sylvie Fleury, Michael Fliri, Lucio Fontana, Pinot Gallizio, Rainer Ganahl, Marco Gastini, Nan Goldin, Franco Grignani, Pietro Grossi, Shirazeh Houshiary, Ilya Kabakov, Anish Kapoor, Dani Karavan, Joseph Kosuth, Jannis Kounellis, Ketty La Rocca, Sol LeWitt, Francesco Lo Savio, Amedeo Martegani, Fabio Mauri, Mario Merz, Robert Morris, Maria Mulas, Ugo Mulas, Bruno Munari, Marco Neri, Lamberto Pignotti, Michelangelo Pistoletto, Chris Sacker, Remo Salvadori, Paolo Scheggi, Julian Schnabel, Keith Sonnier, Esther Stocker, Superstudio, David Tremlett, UFO, JCJ Vanderheyden, Luigi Veronesi, Massimo Vitali, Andy Warhol, Erwin Wurm, Gilberto Zorio. Progetti speciali di Carlos Garaicoa, Henrique Oliveira (from the exhibition The End of the World) Curatore della mostra: Stefano Pezzato