Pistoia, 1939. Vive e lavora a Firenze
Robero Barni inizia a dipingere alla fine degli anni Cinquanta realizzando opere astratte nelle quali utilizza materiali diversi come il legno o la carta di giornale.
Dopo una fase pop avviata dal 1964 all’interno della cosiddetta “Scuola di Pistoia”, dalla fine degli anni Settanta la sua attenzione si orienta verso la produzione di opere che sono metafora della condizione umana. Nel 1981 dipinge Paternità e Due nel Vortice e nel 1983 Cavaliere nel vortice dove un fragile Don Chisciotte si scontra coraggiosamente davanti a forze che non può contrastare: un cavaliere con una pentola in testa ed un mestolo al posto della spada, nell’intento di affrontare un gigantesco vortice d’aria.
Nell’universo poetico di Barni il fulcro è dato dalla presenza dell’uomo visto come un modello o un prototipo, svuotato da passioni drammatiche, pervaso da un andamento deambulatorio funzionale solo all’emblema del wanderer, dei viandanti o dei messaggeri. Ne sono testimonianza gli uomini dell’opera Opposte vedute del 1991, intenti a compiere movimenti identici senza che se ne possa cogliere un senso. Talvolta il continuo errare di uomini stereotipati ed indifferenziati diventa un percorso senza fine, come nell’opera Continuo (1995-2000) realizzata per il Giardino di Spoerri a Seggiano e per l’opera Vacina del 2000 ora in collezione del Centro per l’arte Contemporanea Luigi Pecci.