OK,明白了!



Eva Marisaldi

12.10 - 08.12.2019

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Eva Marisaldi

12 ottobre - 08 dicembre 2019

a cura di Marta Papini

 

In occasione della mostra diffusa dedicata a Eva Marisaldi (Bologna, 1966) per la Quindicesima Giornata del Contemporaneo e promossa da AMACI (Associazione Musei Arte Contemporanea Italiani), il Centro Pecci ha ospitato l’opera Untitled, 1999 in dialogo con un'altra opera dell’artista, offrendo al visitatore la possibilità di conoscere e approfondire la ricerca dell’artista italiana. Il lavoro di Eva Marisaldi ha il suo centro nella relazione con l’altro, intesa come opposizione e antidoto alla diffidenza. Lo sguardo inclusivo dell’artista ha un tocco lieve ma profondamente trasformativo, che accoglie la realtà e la innalza a atto poetico. Ogni sua opera è un gesto di attenzione verso il mondo circostante, un atto di cura per una materia sensibile, l’essere umano e la sua fragilità, e insieme un invito a aprirsi all’ignoto e all’ignorato. Una ricerca che diventa sempre più attuale nella realtà contemporanea.

L’opera presentata per la Giornata del Contemporaneo, Untitled, 1999, consiste in un’installazione che documenta una performance. Alcune prostitute nigeriane sono immortalate a Bologna sulla via Emilia mentre indossano dei vestiti disegnati personalmente dall'artista. L’azione di “cura” messa in atto da Marisaldi è un tentativo di trasfigurare in modo fiabesco la loro vita quotidiana, trasformando anche solo per pochi minuti la realtà. In mostra i vestiti utilizzati sono appesi su uno stendino che accompagna le sette fotografie che fanno da testimonianza visiva di quell’incontro. Eva Marisaldi Ha partecipato a numerose mostre in musei e istituzioni in Italia e all'estero, tra cui: P.S.1, New York (1994); Manifesta I, Rotterdam (1996); Castello di Rivoli, Torino (1997); Palazzo delle Papesse, Siena (1998); GAM, Torino (2002); MART, Rovereto (2005); MAMbo, Bologna (2007); Tate Modern, Londra (2010). Ha partecipato a La Biennale di Venezia nel 1993 e nel 2001.

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Ren Hang. Nudi | intervista a Cristiana Perrella

Ren Hang. Nudi

a cura di Cristiana Perrella

04 giugno —30 agosto 2020

 

Esplicito ma anche poetico, il lavoro dell’acclamato fotografo e poeta cinese Ren Hang (1987– 2017) è esposto per la prima volta in Italia con una selezione di 90 fotografie, accompagnate da un portfolio che documenta il backstage di uno shooting di Ren Hang nel Wienerwald nel 2015 e un’ampia sezione di libri rari sul suo lavoro. Ren Hang è noto soprattutto per la sua ricerca su corpo, identità, sessualità e rapporto uomo-natura, che ha per protagonista una gioventù cinese nuova, libera e ribelle. Per lo più nudi, i suoi soggetti appaiono su un tetto tra i grattacieli di Pechino, in una foresta di alberi ad alto fusto, in uno stagno con fiori di loto, in una vasca da bagno tra pesci rossi che nuotano oppure in una stanza spoglia, i loro volti impassibili, le loro membra piegate in pose innaturali. Cigni, pavoni, serpenti, ciliegie, mele, fiori e piante sono utilizzati come oggetti di scena assurdi ma dal grande potere evocativo. Sebbene spesso provocatoriamente esplicite nell'esposizione di organi sessuali e nelle pose, che a volte rimandano al sadomasochismo e al feticismo, le immagini di Ren Hang risultano di difficile definizione, scottanti e allo stesso tempo pure, permeate da un senso di mistero e da un’eleganza formale tali da apparire poetiche e, per certi versi, melanconiche. I corpi dei modelli – tutti simili tra loro, esili, glabri, dalla pelle bianchissima e i capelli neri, rossetto rosso e unghie smaltate per le donne – sono trasformati in forme scultoree dove il genere non è importante. Piuttosto che suscitare desiderio, queste immagini sembrano voler rompere i tabù che circondano il corpo nudo, sfidando la morale tradizionale che ancora governa la società cinese. In Cina infatti, il concetto di nudo non è separabile da quello di pornografia e il nudo, come genere, non trova spazio nella storia dell’arte. Le fotografie di Ren Hang sono state per questo spesso censurate. “Siamo nati nudi…io fotografo solo le cose nella loro condizione più naturale” (Ren Hang).


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