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Intervista a Liliana Moro | 1991

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Liliana Moro parla di Favilla (1991), opera esposta nella mostra collettiva Una scena emergente. Artisti italiani contemporanei (26 gennaio - 29 aprile 1991) a cura di Amnon Barzel e Elio Grazioli e attualmente nella collezione del Centro Pecci.

 

Il lavoro di Liliana Moro è al centro del Padiglione Italia della 58° Biennale Arte di Venezia curato da Milovan Farronato (11.05 - 24.11.2019), insieme alle opere di Enrico David e Chiara Fumai.

 

Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera con Luciano Fabro, Liliana Moro è stata tra i fondatori dello Spazio di Via Lazzaro Palazzi a Milano, fucina creativa dove realizza le prime mostre personali, e tra i redattori della rivista Tiracorrendo. Consacrata agli inizi degli anni Novanta con la partecipazione a Documenta IX a Kassel (1992) e alla sezione Aperto curata da Achille Bonito Oliva nell’ambito della XLV Biennale di Venezia (1993), già nel 1991 è invitata da Amnon Barzel e Elio Grazioli alla mostra "Una scena emergente. Artisti italiani contemporanei" (1991), in cui espone "Che idea!" (1991), dove delle palette per la spazzatura con il manico accoglievano al loro interno delle lampadine, e "Favilla", acquisita dal Centro Pecci in quell’occasione, in cui il non peso di uno strato di gommaspugna imprigionato in una rete metallica verde contraddiceva lo sforzo ostinato compiuto da alcuni carrelli elevatori per sostenerlo. “Le opere che amo maggiormente - ha dichiarato l’artista - sono quelle che riescono a raggiungere un punto morto. Mi diverto a cercare un vuoto, la situazione di un punto morto”.

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Ren Hang. Nudi | intervista a Cristiana Perrella

Ren Hang. Nudi

a cura di Cristiana Perrella

04 giugno —30 agosto 2020

 

Esplicito ma anche poetico, il lavoro dell’acclamato fotografo e poeta cinese Ren Hang (1987– 2017) è esposto per la prima volta in Italia con una selezione di 90 fotografie, accompagnate da un portfolio che documenta il backstage di uno shooting di Ren Hang nel Wienerwald nel 2015 e un’ampia sezione di libri rari sul suo lavoro. Ren Hang è noto soprattutto per la sua ricerca su corpo, identità, sessualità e rapporto uomo-natura, che ha per protagonista una gioventù cinese nuova, libera e ribelle. Per lo più nudi, i suoi soggetti appaiono su un tetto tra i grattacieli di Pechino, in una foresta di alberi ad alto fusto, in uno stagno con fiori di loto, in una vasca da bagno tra pesci rossi che nuotano oppure in una stanza spoglia, i loro volti impassibili, le loro membra piegate in pose innaturali. Cigni, pavoni, serpenti, ciliegie, mele, fiori e piante sono utilizzati come oggetti di scena assurdi ma dal grande potere evocativo. Sebbene spesso provocatoriamente esplicite nell'esposizione di organi sessuali e nelle pose, che a volte rimandano al sadomasochismo e al feticismo, le immagini di Ren Hang risultano di difficile definizione, scottanti e allo stesso tempo pure, permeate da un senso di mistero e da un’eleganza formale tali da apparire poetiche e, per certi versi, melanconiche. I corpi dei modelli – tutti simili tra loro, esili, glabri, dalla pelle bianchissima e i capelli neri, rossetto rosso e unghie smaltate per le donne – sono trasformati in forme scultoree dove il genere non è importante. Piuttosto che suscitare desiderio, queste immagini sembrano voler rompere i tabù che circondano il corpo nudo, sfidando la morale tradizionale che ancora governa la società cinese. In Cina infatti, il concetto di nudo non è separabile da quello di pornografia e il nudo, come genere, non trova spazio nella storia dell’arte. Le fotografie di Ren Hang sono state per questo spesso censurate. “Siamo nati nudi…io fotografo solo le cose nella loro condizione più naturale” (Ren Hang).


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