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#finedelmondo

Interviste

Quel che resta della libertà

30 gennaio 2017



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Cosa significa essere artisti in Russia oggi? Lo abbiamo chiesto ad Andrey Kuzkin, uno degli artisti presenti nella mostra La fine del mondo.





Sei nato e hai studiato a Mosca. La tua partecipazione alla Moscow International Biennal of Young Art ha fornito l’occasione di riconoscere il tuo contributo all’arte contemporanea. In che misura le politiche sociali della Federazione Russa influiscono sulla tua pratica artistica?

Hanno un’influenza notevole. Mi sono sempre posto in opposizione alle circostanze esistenti attorno a me. Nel 2007, quando ho iniziato come artista, la situazione in Russia era considerevolmente diversa rispetto allo stato attuale delle cose. A quel tempo, mi sentivo relativamente libero. Sono fuggito dalla sfera del graphic design per arrivare all’arte contemporanea, una zona di completa libertà. Volevo avere qualcosa da dire ed essere ascoltato, e ci sono riuscito.

Agli inizi ero supportato dal National Centre for Contemporary Art, fondato negli anni Novanta. È grazie a questo aiuto che ho avuto l’opportunità di realizzare i miei progetti. Volevo parlare di vita, morte, limiti, solitudine, tempo e della relatività di qualsiasi cosa. Volevo trattare di cose importanti. Inoltre, volevo preferibilmente esprimermi da una posizione massimalista e hard-core.

L’unico aspetto negativo che ho incontrato dopo uno o due anni dall’inizio della mia ricerca, è stato la commercializzazione dell’arte contemporanea e il suo utilizzo per la gestione di certe agende politiche e commerciali. Ne ero profondamente disgustato. I piccoli spazi non commerciali stavano morendo. Le gallerie commerciali, al contrario, stavano fiorendo. Non riuscivo allora, e tuttora non riesco, a comprendere come uno possa combinare arte e business. Io me ne vergogno quando lo faccio. E non riesco a togliermelo dalla testa. Quando mi sono trovato faccia a faccia con quel problema, ho fatto diversi lavori in risposta a quella situazione: Money for Bread, And Chubais, A Project with a Rock, All Ahead of You e, successivamente, Exhibition of Curious Things.  

In un contesto un’opera costa milioni, in un altro nessuno la vuole e può essere facilmente buttata via. Ogni cosa è relativa. La stesso fatto avviene con la vita di un artista.

Nel frattempo, ho conosciuto molte persone che hanno deciso di supportarmi finanziariamente. Tuttavia, non lo hanno fatto vendendo le mie opere, ma semplicemente comportandosi come dei donatori. Questo mi ha permesso di evitare l’attività pubblica, che implica molte cose che non mi piacciono, e di potermi dare “alla pazza gioia”. Ho iniziato a fare romantiche performance esistenziali che, spesso, si riferiscono alla mia infanzia e ai miei ricordi.

Nel 2012 il mio ritiro dalla pubblicità è coinciso con le nuove tendenze reazionarie della politica statale. Le elezioni parlamentari, avvenute quell’anno in Russia, hanno rivelato mostruosi abusi e falsificazioni, sfociati in proteste di massa a Mosca, dove la maggior parte dei partecipanti era composta sia da persone poco istruite sia moderatamente benestanti, insieme agli intellettuali: poeti, scrittori, pittori, musicisti. Queste manifestazioni sono state soppresse severamente. Subito dopo, sono state promulgate delle leggi repressive, che proibivano raduni di massa di questo tipo. Attualmente, lo stato ha acquisito un apparato per incassare enormi multe e imprigionare le persone, solo perchè si trovano in un determinato posto e in un certo momento.

Non mi sono mai considerato un artista politico.

Successivamente è scoppiata la guerra con l’Ucraina, che ha coinvolto le forze armate russe e ha portato all’annessione della Crimea. Così, abbiamo iniziato a renderci conto che stavamo vivendo in uno stato militare e aggressivo. C’è stata una chiara divisione nella società: quelli che supportavano le politiche dello stato e quelli che erano contrari. Tutte le istituzioni indipendenti che avevano, almeno per tali questioni, una leggera influenza sulla pubblica opinione, sono state chiuse una dopo l’altra attraverso diversi pretesti.

Per lo stato si tratta di “guerra di informazione”. Il governo vuole che tutti i media comunichino un singolo punto di vista sullo stato delle cose. Il suo scopo è che il massimo numero di persone creda che tutto vada bene e che la Russia sia una nazione potente circondata da nemici. Vuole che le persone siano pronte a sacrificare le loro vite per questa finta potenza.

All’inizio del 2014, insieme a molti altri, sono stato arrestato violentemente durante uno dei raduni davanti alla corte dove si stavano discutendo dei casi sulle manifestazioni del 2012.

Tutti questi eventi mi hanno incoraggiato a creare Innovation 2014, una performance politica che non era un lavoro tipico della mia pratica.

Nel 2013 ho preso parte a Innovation 2013, un’esposizione collettiva dei finalisti di un premio statale di arte contemporanea organizzato dal National Centre for Contemporary Art (NCCA) a Mosca. Come parte della mostra, ho esposto Peace, una mia video-installazione, non direttamente legata alla politica. Diversi schermi mostravano nature morte e interni della mia modesta casa, corredati da una colonna sonora costituita da una voce monotona, che ripeteva: “Tu sei solo ciò che è intorno a te”. Quando quei frammenti video finivano, un ponte vuoto appariva con un uomo che correva con una torcia accesa.

[1925]

Ho partecipato al vernissage privato della mostra indossando l’uniforme dell’esercito ma senza alcun segno di identificazione, con una maschera nera che copriva il mio viso, e con una pistola sulla mia spalla. Esattamente il modo in cui i soldati russi si sono presentati in Crimea non molto prima. Con questa performance intendevo dire che nella Russia contemporanea è inutile parlare di qualsiasi innovazione nell’arte. É impossibile trattare certe cose banali con tutti quei cambiamenti politici in atto e una guerra sullo sfondo.

Da allora, ho la sensazione che tutti noi viviamo in questo paese “per la grazia dello zar” e che la vita e la libertà non mi sono garantite da Dio, come ero solito pensare, ma dallo stato. In aggiunta, quest’ultime possono essere tolte in qualsiasi momento e senza alcuna spiegazione.

Vengono promulgate sempre più leggi repressive. Ogni cosa che contraddice leggermente con l’ideologia dello stato imperialistico e militante è immediatamente qualificata come terrorismo e minaccia nazionale. Molte persone sono confuse, spaventate e non sanno cosa fare.  

In questo contesto Pëtr Pavlensky sembra un eroe, sebbene le sue visioni politiche siano estremamente radicali, e io non le condivida. Per me, il valore di una vita umana è più importante di ogni ideologia, che sia di sinistra o di destra. A quanto mi risulta, lui la pensa diversamente. È favorevole alla rivoluzione e all’anarchia, e delle vittime non lo fermeranno.

The Right of Life è stata la mia mostra personale che si è tenuta recentemente al Museo d’arte contemporanea di Mosca. Per me, il più importante valore della vita è la libertà. Libertà di vivere come vuoi e fare quello che vuoi. Libertà di volontà, di espressione personale, dell’individuo. È un interrogativo enorme se questa libertà sia possibile nel mondo contemporaneo e, specialmente, in Russia. Nella mostra ho esplorato la mia vita come un caso individuale: di ricerca, di lotta, di fallimenti, di passioni e di dubbi.

 

Temi ricorrenti nel tuo lavoro sono la memoria, l’oblio, la malattia e la morte che, tuttavia, sono combinati con una sorta di leggerezza giocosa e ironica, quasi canzonatoria. Come si collegano questi diversi poli della tua ricerca?

Credo che l’ironia, che tu hai notato nelle mie opere, si basi sull’analisi permanente della mia pratica e sulla mancanza di fiducia in me stesso. E’ un mio costante sforzo quello di osservare ciò che faccio da una certa distanza. L’auto-ironia, in parte, è auto-difesa. Se tu ridi di te stesso, levi via quell’opportunità allo spettatore. In generale, l’esistenza della morte rende ogni attività ampiamente senza significato. Così, le domande che sto facendo a me stesso e al mio pubblico sono fondamentalmente assurde e non hanno una risposta.

 

La tua performance Natural Phenomena può essere letta come una sorta di pratica psicologica che intende connettere l’essere umano con la sua dimensione naturale. Quanto è importante per te la combinazione tra natura e cultura?

Voglio cadere dalla mia finestra

E spiaccicarmi all’asfalto con la mia testa

Così posso far oscillare le mie gambe nell’aria come se fossero ramoscelli.

Ho scritto questa poesia quando avevo 17 anni.

Ho iniziato come pittore di paesaggio, dipingendo cielo e terra. A quell’epoca, pensavo che l’essere umano fosse troppo concentrato su se stesso. Ero solito ammirare ed esplorare la natura attorno a me e accettavo la mia stessa “microscopicità” in questo mondo. Successivamente, ho spostato la mia attenzione all’essere umano e questo mi ha reso incredibilmente triste.

Amo la natura. Mi fa sentire unito con il mondo intero. Posso osservare gli alberi per ore. Loro stanno fermi e vivono la loro esistenza, ignorando noi e i nostri banali problemi.

Non siamo abituati alla vita all’interno della natura. Abbiamo creato il nostro comodo mondo artificiale, nel quale essa è presente, ma solamente come un’aggiunta carina e opzionale, o una risorsa senz’anima. Penso che se nella vita e nella cultura ci fossero più elementi da lei provenienti, la nostra vita potrebbe essere migliore e più pacifica.

Le persone che vivono in maniera permanente nella natura, fuori dalla civilizzazione, di solito non prestano attenzione alla sua grandezza e alla sua quiete.

[1919,1920]

Come descriveresti la scena artistica in Russia? Cosa si differenzia dal sistema internazionale?  

Non sono molto familiare con il sistema dell’arte internazionale. Ad ogni modo, vorrei dire le seguenti cose rispetto alla scena artistica russa:

Innanzitutto, vorrei accennare al fatto che solo una certa percentuale di persone provenienti da alcune grandi città in Russia sa cosa sia l’ ”arte contemporanea”. Per il resto del paese, questo termine o non esiste per niente, o generalmente viene recepito negativamente, come qualcosa di alieno e non esplicito. Un artista, secondo la maggior parte del popolo russo, è qualcuno che può disegnare il tuo ritratto. Le nostre lezioni di storia dell’arte non vanno oltre Henry Matisse. Nessuno ci ha detto nulla rispetto a quello che è avvenuto dopo di lui.

Attualmente, in diverse grandi città, e specialmente a Mosca, la situazione è molto migliorata sia per l’educazione sia per le mostre.

Ci sono varie istituzioni a Mosca che hanno a che fare con l’arte contemporanea. Ad esempio il National Centre for Contemporary Art (NCCA), un museo che è stato creato durante l’ondata di cambiamenti democratici negli anni Novanta e, fino a molto recentemente, ha organizzato con successo attività espositive, scientifiche, analitiche e d’archivio. Ha aperto ramificazioni in diverse grandi città attorno alla Russia e ha anche fondato Innovation, un premio annuale per gli artisti contemporanei russi.

Il NCCA ha riunito buoni artisti, filosofi, curatori e storici dell’arte. É stato una piattaforma di discussioni libere, dove spesso hanno avuto luogo degli artist talk e delle conferenze. Nel 2011 è successo uno scandalo quando il premio statale Innovation è stato vinto dal collettivo Voyna per la sua performance A dick Imprisoned by the Federal Security Service. I membri del gruppo hanno dipinto un pene di 65 metri su un ponte levatoio a San Pietroburgo così, di notte, quando si apriva, quel fallo si affacciava precisamente sull’edificio del Federal Security Service. Paradossalmente, durante la cerimonia di premiazione, alcuni membri del gruppo stavano in prigione, sentenziati per un’altra performance che avevano recentemente fatto. Tutto ciò ha evidenziato un’ovvia schizofrenia: da un lato, lo stato stava punendo Voyna, dall’altro gli stava dando un premio.

[1926]

Nel 2016 c’è stato un tentativo di evitare un altro scandalo. La commissione giudicatrice ha indicato Pëtr Pavlensky come uno dei nominati per Threat, una performance durante la quale ha bruciato la porta del Federal Security Service. Il direttore del NCCA ha compreso che quest’ultima avrebbe portato a delle problematiche conseguenze sia per lui sia per l’istituzione, così ha deciso di abolire completamente quella categoria del premio. Come risultato, diversi giudici hanno scelto di ritirarsi dalla partecipazione, cosa che ha provocato molte discussioni e, alla fine, il direttore è stato rimosso dalla sua posizione. Il centro è stato unificato con ROSIZO, un’organizzazione d’arte che era stata fondata già negli anni Trenta in Unione Sovietica per rappresentare l’arte ufficiale sovietica all’estero. Attualmente, il direttore di quest’organizzazione è una persona con un passato militare, un precedente burocrate dell’amministrazione del presidente. Si può dire che la storia del NCCA come piattaforma indipendente e intellettualmente libera sia arrivata alla fine.

E’ estremamente difficile per me delineare certi chiari filoni e tendenze nell’arte contemporanea russa. Ogni cosa è molto segmentata. Si può probabilmente parlare di un generale logocentrismo della cultura russa e, in particolare, di un’arte visiva contemporanea russa. Intendo dire che la componente concettuale spesso domina su quella visuale. Tra certi circoli artistici posso anche evidenziare l’influenza di Fedorov, un filosofo russo che si schierava a favore di una vera resurrezione fisica di tutti i morti e dell’immortalità umana. Il discorso marxista di sinistra, che era prominente un paio di anni fa, sembra essere attualmente morto.

 

Alcuni eventi recenti nell’arte russa hanno evidenziato l’esistenza di atti di censura e di restrizione della libertà di espressione nel tuo paese. L’hai notato nella tua esperienza personale? Cosa significa essere un artista nella Russia di oggi?

Posso dire che nella mia pratica artistica tento di avere un approccio più ampio. Per me, la questione importante è non cosa significhi essere un artista in Russia, ma cosa significhi “ESSERE” in generale. Essere un essere umano ed esistere nel mondo presente.

 

Percepisci l’esistenza di una crescita di nuovi movimenti o personalità capaci di sfidare la cultura russa dell’oligarchia?

No, non percepisco niente del genere. Anzi, sento l’opposto.

 

Ne La fine del mondo sei parte di una sezione che tratta temi e questioni ancorate al nostro presente, quasi contrastando la dimensione a-storica che caratterizza la mostra. Come definiresti la realtà contemporanea e come immagini il futuro?

Uno può solamente definire la realtà contemporanea paragonandola al passato. Nelle ultime decadi, i principali cambiamenti avvenuti sono connessi con lo svilupparsi di tecnologie elettroniche, internet e la creazione dei social media. In questa totale trasparenza, un essere umano perde la sua individualità. Io credo che oggi questa differenza tra le persone (sociale, nazionale) sia stata cancellata.  Sembra che ognuno abbia infinite copie di se stesso sparpagliate in tutto il globo. L’anima, invece, è qualcosa di divino che si nasconde nell’unicità dell’individuo. Il mondo virtuale che abitiamo oggi è una sostituzione surrogata.

E’ impossibile fermare tali tendenze. Solo quelli che possono adattarsi a questo nuovo universo artificiale saranno capaci di sopravvivere: quelli che avranno le abilità più avanzate e gli strumenti per la processualità delle informazioni. Viviamo in un mondo comodo, ma defunto e aggressivo.

Direi che sia possibile immaginare qualche tipo di reazione sulla presente situazione. Per esempio, maggiore lavoro artigianale e l’abbandono di alcuni comfort della civilizzazione.

Ad ogni modo, credo che lo scopo principale dell’arte sia la preservazione della vita.



Immagine di copertina:

andreay Kuzkin, The Phenomenon of Nature or 99 landscapes with three, #5, Krasnoyarsk, Russia, 27 August 2011. Ph. Vladimir Dmitrienko, Courtesy dell'artista.


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