Urban Story è un archivio, un contenitore, inteso non come spazio chiuso della conservazione, ma come luogo dove trovare storie e immagini che possano aiutare a comprendere il presente e a immaginare il futuro. Non puro esercizio della memoria, ma luogo di attivazione del presente attraverso la memoria. Un archivio aperto a nuovi contributi e nuovi ricordi di oggi e di ieri.
La storia di Dryphoto arte contemporanea è il filo che ha guidato, attraverso una ricerca, alla costruzione di questo contenitore - visibile sul sito di Dryphoto - formato da file di immagini, video e tracce sonore prodotti appositamente per questa occasione.
Dryphoto è andata a riaprire i propri archivi, digitalizzando gran parte del materiale, ma anche a ritrovare alcuni amici e protagonisti che hanno accompagnato e seguito la storia di questo progetto e chiedendo a ciascuno di loro di raccontare un pezzetto di questa “lunga avventura nel mondo dell’immagine”.
Urban Story è quindi un progetto complesso, composto di tante parti pronte a integrarsi, ad accogliere altre storie e altri materiali, ma che intanto si compone partendo dal racconto di alcuni curatori; Pier Luigi Tazzi, Filippo Maggia, Alba Braza e Roberta Valtorta; dal video Nascita di un'utopia con le interviste ad alcuni dei fondatori e frequentatori di Dryphoto; le opere video di Andrea Abati, Parlami di te, che sono degli omaggi ad alcuni personaggi passati da Dryphoto, in particolare a Luigi Ghirri e Ando Gilardi. Inoltre Abati ritrae l’ex Assessore alla Cultura di Prato Giampiero Nigro, che fu un sostenitore della cultura e della fotografia come forma d'arte, proprio negli anni in cui Dryphoto iniziava la sua attività.
In questo incrociarsi di strade della fotografia, è stato pensato anche di riservare una parte di questo contenitore a una mappa che segna gli spazi che si occupano di fotografia oggi in Toscana.
Un breve documentario introduce il progetto, Nascita di un'utopia. Dryphoto_Urban Story, con alcune testimonianze di chi ha fondato e realizzato Dryphoto arte contemporanea tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta, attraverso interviste ad Andrea Abati, Nadia Baronti, Mauro Bianchi, Fabio Casati, Vittoria Ciolini, Rodolfo Giustini, Enrico Pacini, Marco Panerai, Emo Risaliti, nella convinzione che se Dryphoto esiste ancora non è solo per merito di chi è rimasto o dei “grandi” nomi che negli anni sono stati coinvolti ma anche di tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione del progetto, una storia di provincia in tempi non connessi.
Quattro curatori hanno raccontato, in quattro interviste video, il loro rapporto con Dryphoto.
Nel suo intervento, intitolato Una lunga avventura nel mondo dell'immagine. Dryphoto_Urban Story, Filippo Maggia, curatore, editor e docente di fotografia, descrive la storia di Dryphoto come un percorso lineare e consapevole. Maggia parla dell’atteggiamento di Dryphoto come di una missione, e di uno spazio votato più alla ricerca che al mercato, sempre concentrato sul territorio e sulle nuove tendenze, atteggiamento che ha reso possibile ritrovare nella biografia di Dryphoto nomi importanti della fotografia.
Il lavoro accurato e di ricerca, fatto negli anni Ottanta, ha portato infatti a Prato fotografi a quei tempi quasi sconosciuti, che poi si sono affermati come Luigi Ghirri, Olivo Barbieri, Guido Guidi, insieme a molti altri. Dryphoto ha dimostrato un'attenzione costante alla fotografia italiana ma non solo, infatti, sempre nel 1982, dopo la mostra di Ghirri vengono presentati i lavori Diane Arbus e Henri Cartier-Bresson. Degna di segnalazione la mostra e il laboratorio nel 1984 con l’allora giovanissimo Michael Schmidt, autore entrato poi nella storia della fotografia e diventato punto di riferimento di molti i fotografi. A questo laboratorio parteciparono, fra gli altri, Olivo Barbieri e Guido Guidi. Nel raccontare la longeva storia di Dryphoto, Maggia analizza poi lo sviluppo e l'inserimento della fotografia nel mondo dell'arte in Italia e il rapporto fra fotografia e mercato.
Pier Luigi Tazzi, curatore e critico d’arte, racconta l'esperienza degli anni in cui ha curato il progetto di Dryphoto Spread in Prato e ci regala una vera e propria lezione di storia della fotografia che si intreccia in qualche modo con la storia di Dryphoto.
L'interesse di Tazzi per la fotografia inizia dopo la metà degli anni Settanta, quando tiene un corso di fotografia per la Cattedra di Strumenti e Tecnica della Comunicazione Visiva alla Facoltà di Architettura di Firenze. In questi anni le storie di Pier Luigi Tazzi e Dryphoto si incrociano ma è con il progetto Spread in Prato che inizia una vera e propria collaborazione.
Spread in Prato diffonde, nelle varie edizioni che si sono susseguite dal 2002 al 2010, l’arte nella forma fotografica nella città, uscendo dagli spazi deputati dell’arte per entrare nei luoghi quotidiani di produzione e di consumo, e quindi nelle fabbriche e nei negozi. L’azienda e l’esercizio commerciale diventano museo/luogo d’arte, dove le opere sono fruite dai lavoratori, quindi dagli impiegati, dagli operai e dai commessi ma anche dai clienti e dagli acquirenti e da tutti coloro che, per i più diversi motivi, vi si recano. L’arte contemporanea entra quindi nel tipico lanificio pratese ma anche nella macelleria islamica o nel ristorante cinese, e solo durante l'inaugurazione il pubblico dell'arte entra in quei luoghi.
Gli artisti invitati a Spread in Prato fanno parte del panorama internazionale dell’arte contemporanea, e Tazzi ha ogni anno affiancato autori famosi a giovani emergenti. Le diverse edizioni di Spread in Prato hanno presentato un totale di circa sessanta artisti, da Diane Arbus a Andy Warhol, da Larry Clark a Giovanni Ozzola, passando per Günter Förg, Thomas Ruff, Hiroshi Sugimoto, Jan Vercruysse, Shao Yinong & Muchen, Surasi Kusolwong fino a Gea Casolaro, Michelangelo Consani, Robert Pettena, Sissi e Italo Zuffi.
La curatrice e coordinatrice di progetti culturali Alba Braza ricostruisce il suo rapporto con Dryphoto iniziato nel 2004, con un tirocinio all'interno di un programma di scambio con l'Università di Salamanca in Spagna, fino ad analizzare i diversi aspetti delle tre edizioni del progetto da lei curato: Piazza dell'Immaginario.
Il progetto nasce nel 2014 dalla pratica dell’ascolto del quartiere dove Dryphoto ha sede, dalla necessità di spazi di relazione, dalla convinzione che l’arte appartiene alla vita e che dobbiamo consentire alle persone di essere parte di processi di creazione condivisi di senso e di significato. Il progetto concretizza il desiderio di migliorare uno dei quartieri della città di Prato. Piazza dell’Immaginario è stata uno sviluppo partecipativo di pianificazione che ha permesso ai residenti di co-determinare il design della loro città e gli usi dello spazio urbano. Azioni come La Responsabilità dei cieli e delle altezze di Pantani-Surace, installazioni permanenti di opere sotto forma di banner di Bleda y Rosa, Gabriele Basilico, Andrea Abati, del gruppo R.E.P. Revolutionary Experimental Space, Olivo Barbieri, Francis Alÿs, Bert Theis, opere site-specific di Bianco-Valente, installazioni temporanee e azioni degli artisti emergenti Lori Lako, Linda Motta, Francesca Catastini, Flavia Bucci, pongono una questione ancora aperta: può l'arte essere un mezzo che con le sue proprie leggi sociali, e con autonomia, possa adottare un modello di lavoro e migliorare un ambiente sociale determinato?
A Roberta Valtorta, studiosa e storica della fotografia impegnata da metà degli anni Settanta nello studio e nella crescita della fotografia contemporanea, è stato affidato il compito di parlarci della situazione italiana nell’intervista dal titolo Uno sguardo sugli anni Ottanta.
Roberta Valtorta visita per la prima volta Dryphoto, come inviata della rivista Zoom, proprio agli inizi degli anni Ottanta. In questa intervista ripercorre la storia del mondo editoriale attraverso le riviste presenti in Italia in quegli anni, quando si cercava anche di supplire alla mancanza di libri e di pubblicazioni specifiche sulla fotografia. Valtorta racconta delle gallerie che si occupavano di fotografia e del vasto fenomeno culturale di quello che poi è stata chiamata Scuola italiana di paesaggio, dell'esperienza di Viaggio in Italia (1984) a cura di Luigi Ghirri e Archivio dello Spazio promosso dalla Provincia di Milano che ha portato alla nascita del Museo della Fotografia Contemporanea da lei progettato, insieme anche a un comitato scientifico europeo, e diretto fino al 2015.
Sono in forma di video anche le opere Parlami di te di Andrea Abati, dedicate a due personaggi che hanno profondamente influenzato Dryphoto, Luigi Ghirri e Ando Gilardi.
Non è un caso che la prima sede della galleria sia stata inaugurata nel 1981 con Still Life e Topographie-Iconographie due lavori di Luigi Ghirri (1943-1992). Andrea Abati, ideatore e co-fondatore di Dryphoto, attraverso una serie di riprese video e audio chiede ad alcune persone, Vittorio Albonetti, Vittoria Ciolini, Luca Ficini, Luigi Pucci e Emo Risaliti, che sono state in contatto con Luigi Ghirri a Prato nei primi anni Ottanta, di parlare di lui attraverso i ricordi di questo rapporto.
Anche per un altro dei padri di Dryphoto, Abati realizza una “intervista impossibile”. Ando Gilardi (1921-2012) è stato un fotografo, storico della fotografia italiano che da partigiano prese il nome Ando e lo mantenne per tutta la vita. Una sua poesia diventa manifesto di Dryphoto.
“Non fotografare gli straccioni, i senza lavoro… Non fotografare le prostitute, i mendicanti sui gradini delle chiese... La società gli ha già preso tutto, non prendergli anche la fotografia… Hanno già sopportato la violenza, non aggiungere la tua...”
Il riferimento di Abati per questa intervista è anche ad altri personaggi che lo hanno ispirato: Alberto Arbasino, Carmelo Bene e Montalvo Casini.
La necessità di guardare oltre uno spazio solo virtuale si è concretizzata in una mappa che segna gli spazi che si occupano di fotografia oggi in Toscana nella sezione Spazi di fotografia in Toscana – una mappa, sul sito di Dryphoto, in cui sono segnalati archivi pubblici, scuole di fotografia, festival, spazi di creatività: FAF Toscana - Fondazione Alinari per la Fotografia, Firenze; AFT Archivio Fotografico Toscano, Prato; Studio Marangoni, Firenze; The Tuscan House of Photography, Palaia (Pisa); Photolux Festival, Lucca; Cortona On The Move, Cortona (Arezzo); Sedici, Prato; Dryphoto arte contemporanea, Prato. Anche questa mappa può essere un punto di partenza per nuovi incroci e nuove collaborazioni.
Urban Story ha avuto anche una declinazione nello spazio pubblico con Via delle Segherie Dryphoto_Urban Story. Il progetto è uscito dallo schermo e dalle piattaforme virtuali, ma anche dagli spazi deputati dell'arte per invadere il quotidiano e per diventare motore rigeneratore di spazi degradati e costruire comunità, continuando un lavoro che Dryphoto porta avanti da anni nel quartiere. Dall’archivio sono state individuate, e scelte, tre opere – tre installazioni – di Valentina Lapolla, Robert Pettena, R.E.P. Revolutionary Experimental Space per essere collocate nelle adiacenze dello spazio espositivo per una mostra a cielo aperto, insieme a una proiezione di tutti i materiali video di Urban story.
È un piacere parlare con te, Pollicina di Valentina Lapolla è una installazione che nasce come espressione di una riflessione sulla vita di via delle Segherie, un punto di luce, una vera e propria lampada stradale ma colorata di fucsia, una lampada magica; avvicinandosi si sentono le tante lingue e le tante voci di questa città mandare segnali e messaggi. L’opera è un progetto collettivo, a cura delle molte persone che co-formano Dryphoto, realizzato nel 2019 per MLZ - Via delle Segherie a cura di Alba Braza e prende ora dimora del Giardino Melampo, a sua volta opera site-specific e giardino di vicinato di Andrea Abati.
The Dragon and Saint George di Robert Pettena è invece l’azione che l’artista ha fatto nella città di Prato nel 2012 per il progetto Anno del Drago. Un banner con riprodotto un particolare di un’incisione di Joseph Edgar Boehm che rappresenta San Giorgio che uccide il drago è stato, abusivamente, esposto a Prato sulla facciata di Palazzo Dragoni in Piazza del Duomo e su quella di Palazzo Pretorio in Piazza del Comune, luoghi dove il Drago non poteva danzare per una restrizione posta dall’amministrazione comunale. Per Urban Story il grande banner viene collocato su una parete senza finestre di Via delle Segherie, proprio sopra a uno stretto passaggio. R.E.P, Revolutionary Experimental Space sono un gruppo di artisti attivisti ucraini e Patriotism Hymn è il loro progetto mobile, che dal 2006 utilizza un alfabeto di logotipi che forma un linguaggio universale. Giocando con la memoria collettiva, si ispira alla propaganda sovietica e alle tecniche di comunicazione politica. Presente nella collezione del Centro Pecci è stato presentato nella prima edizione di Piazza dell'Immaginario del 2014.
Sito web del progetto: