Nel 2012 i due coreografi Emio Greco e Pieter C. Scholten sono partiti per un viaggio fisico e mentale che rispondesse ad alcune delle domande esistenziali che permeano la nostra epoca. Come possiamo riuscire a superare il senso generale di malessere che ci attanaglia? Si può organizzare un mondo senza limiti? Come si fa a convincere le persone a prendersi di nuovo la responsabilità dell'altro?
Prologo. Nel 2012, insieme alla nostra compagnia di danza, abbiamo cominciato un viaggio. Come capitani di una nave abbiamo invitato il pubblico a bordo per un vero addio. La meta finale non era il termine ultimo, ma il punto di partenza. Ci siamo ritrovati su uno spazio liquido con un gruppo di persone, probabilmente gli ultimi esemplari rimasti della specie umana. Abbiamo chiesto loro di abbandonare tutto. Questo è l’unico modo possibile per raggiungere un vuoto comune dal quale poter ripartire. È sconvolgente. Abbiamo domandato alle persone di varcare un confine. Sono tutti prerequisiti per l’incontro con l’inaspettato. Ed è precisamente nell’inaspettato che uno può scoprire la meraviglia. Abbiamo lasciato che fosse il corpo a guidarci.
E (sincronizzare il corpo)
Il mondo potrebbe andare in rovina. Noi abbiamo spazzato via questa possibile fine. Navighiamo tra sogni, illusioni e ci confrontiamo con una realtà complessa, sulla quale il governo e il mercato non possono più avere un impatto. Tutto dipende da noi, come individui e come comunità. Ci muoviamo e respiriamo insieme sul nostro pianeta. Condividiamo lo stesso ambiente e delle risorse che sono limitate. È tempo di tornare all’attacco. Noi proponiamo una rivoluzione che parta dal corpo, opposta al dualismo che ancora definisce la nostra visione del mondo (femmina – maschio/ attivo – passivo / vita – morte / verità- intuizione / centrifugo – centripeto). Questo è il motivo per il quale noi, ed anche tu, ci riuniamo per un periodo di tempo indefinito. Sistemata la passerella della nave, siamo saliti e bordo e ci siamo messi in viaggio. Abbiamo detto addio e ci siamo congedati.
E (tracciare il corpo)
Noi guardiamo aldilà della fine. Perché non c’è più una fine. Non c’è un vero termine di questo viaggio. Non c’è nemmeno un naufragio fatale. Siamo ancora nel mezzo della navigazione. Non stiamo però arrivando da nessuna parte. Una cosa è chiara: la meta non è il luogo dove dobbiamo fermarci. Noi non guardiamo indietro, ma di fronte, verso l’alba di un nuovo giorno. I nostri piedi hanno una memoria, loro sanno e riconoscono già il cammino che prevediamo con i nostri passi. Il ricordo di questo cammino è la nostra mappa personale. Anzi, i nostri piedi sono già lì. Sono sempre stati lì e hanno sempre puntato avanti.
E (nutrire il corpo)
Siamo in viaggio e siamo affamati. Abbiamo nutrito il nostro corpo con l’intuizione. Impedirà di analizzare gli eventi in modo artificiale. L’intuizione restituisce al corpo la sua magia, la sua forza e la sua sincerità; dà forma al legame tra due movimenti. Ci siamo persi. Una specie in esilio. L’intuizione permetterà al corpo di sapere dove si trova. Guidati dall’intuizione ci possiamo separare dalle convenzioni sociali, dalla cultura e dalla civilizzazione.
E (raccogliere il corpo)
Noi siamo, per il momento, una comunità di individui e creiamo il nostro enclave. Lontani dal girovagare a zig-zag. Tracciamo un rotta fatta d'illuminazione, suono, danza e parole. L’occhio può focalizzarsi brevemente su una realtà differente e spingerci a pensare ad “un noi” nella società. L’ordine non può essere spiegato dal comportamento degli individui, ma lo si può lentamente capire dalle loro interazioni simultanee. Tutti noi custodiamo del sapere sotto la nostra pelle. È tempo di uno scambio.
E (liquefare il corpo)
Ci confrontiamo con il compito di identificarci con una moltitudine di ruoli, posizioni e relazioni. Dove modalità di identità scontate sono assenti, dobbiamo trovare il nostro scomparto (senza un'etichetta). Siamo liquidi. In questa dimensione temporanea di fluidità, generiamo delle possibilità e spazio per la memoria; consapevolezza per nuove associazioni, desideri e scelte. Attraverso questi elementi possiamo distanziarci dalle vecchie forme, così da poterle adottare di nuovo. Tornando alla nostra essenza, braccia e gambe, sono la memoria di antiche forme. Quando l'essenza si scioglie momentaneamente, possiamo recuperarla attraverso le nostre sagome, così che non affoghi nelle nostre essenze liquide. In questo viaggio, ci siamo assunti la responsabilità del nostro destino.
E (sostenere il corpo)
Si fa tantissimo ricorso all'improvvisazione. E poi c’è un rinoceronte, le specie minacciate che simboleggiano la forza della vulnerabilità. Attraversando i confini della possibilità, perdiamo controllo dell’immagine complessiva in movimento. Entriamo in contatto con la vulnerabilità del corpo e della mente. Non c’è nessuna cosa come il Superuomo. È nel fallimento che ci comprendiamo l’un l’altro e possiamo avvicinarci.
E (lanciare il corpo in battaglia)
E adesso il gioco. Goditi i tuoi compagni di viaggio, gli accordi, i motivetti, i riff, gli attriti e l’infinito determinato. Il ritmo è la nostra cadenza, la struttura, il nostro gioco. Lasciamo i nostri corpi cantare, incarnare il ritmo, noi siamo il ritmo! Lasciamoci andare. Non lo capiamo, ma sentiamo che è giusto. Incontriamo la meraviglia.
Epilogo. Stai tranquillo che l’unica certezza sta nella necessità di continuare a ricominciare.
E adesso tu.
Emio Greco | Pieter C. Scholten
Photo: Alwin Poiana. Courtesy dell'artista.