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Intervista a Stefano Arienti

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«Non si può mai prevedere cosa diventerà una raccolta. Da questo punto di vista io sono un collezionista abbastanza atipico: per esempio colleziono stoffe da utilizzare per fare dei disegni, colleziono cartoline e poi le trasformo in un multiplo o in grandi immagini su polistirolo, faccio duecentomila diapositive che sistemo in ordine nei raccoglitori e poi va a finire che quelle immagini le utilizzo per fare dei disegni, o mi metto a trattarle o a graffiarle. Queste raccolte a un certo punto si trasformano, diventano qualcos’altro e spesso questo è anche un modo per liberarsene...» Stefano Arienti.

 

L’intervista a Stefano Arienti è stata registrata in occasione della mostra Una scena emergente. Artisti italiani contemporanei curata da Amnon Barzel e da Elio Grazioli nel 1991, per presentare l’opera che sarebbe poi entrata nella collezione del Centro Pecci: Cartoline. Realizzata da Stefano Arienti tra il 1990 e il 1991, l’opera si compone di sessantacinque pannelli di polistirolo montati sui due lati di una struttura lignea e illuminati internamente da luci al neon. Ogni pannello presenta riproduzioni di opere d’arte e monumenti, vedute di paesaggi e illustrazioni tratte da cartoline e biglietti d’auguri, riunite sotto forma di una raccolta composita e personalizzata che riconsegna al visitatore una varietà di immagini conosciute e condivise.

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Stefano Arienti, Cartoline, 1990-1991, foto Carlo Fei




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Ren Hang. Nudi | intervista a Cristiana Perrella

Ren Hang. Nudi

a cura di Cristiana Perrella

04 giugno —30 agosto 2020

 

Esplicito ma anche poetico, il lavoro dell’acclamato fotografo e poeta cinese Ren Hang (1987– 2017) è esposto per la prima volta in Italia con una selezione di 90 fotografie, accompagnate da un portfolio che documenta il backstage di uno shooting di Ren Hang nel Wienerwald nel 2015 e un’ampia sezione di libri rari sul suo lavoro. Ren Hang è noto soprattutto per la sua ricerca su corpo, identità, sessualità e rapporto uomo-natura, che ha per protagonista una gioventù cinese nuova, libera e ribelle. Per lo più nudi, i suoi soggetti appaiono su un tetto tra i grattacieli di Pechino, in una foresta di alberi ad alto fusto, in uno stagno con fiori di loto, in una vasca da bagno tra pesci rossi che nuotano oppure in una stanza spoglia, i loro volti impassibili, le loro membra piegate in pose innaturali. Cigni, pavoni, serpenti, ciliegie, mele, fiori e piante sono utilizzati come oggetti di scena assurdi ma dal grande potere evocativo. Sebbene spesso provocatoriamente esplicite nell'esposizione di organi sessuali e nelle pose, che a volte rimandano al sadomasochismo e al feticismo, le immagini di Ren Hang risultano di difficile definizione, scottanti e allo stesso tempo pure, permeate da un senso di mistero e da un’eleganza formale tali da apparire poetiche e, per certi versi, melanconiche. I corpi dei modelli – tutti simili tra loro, esili, glabri, dalla pelle bianchissima e i capelli neri, rossetto rosso e unghie smaltate per le donne – sono trasformati in forme scultoree dove il genere non è importante. Piuttosto che suscitare desiderio, queste immagini sembrano voler rompere i tabù che circondano il corpo nudo, sfidando la morale tradizionale che ancora governa la società cinese. In Cina infatti, il concetto di nudo non è separabile da quello di pornografia e il nudo, come genere, non trova spazio nella storia dell’arte. Le fotografie di Ren Hang sono state per questo spesso censurate. “Siamo nati nudi…io fotografo solo le cose nella loro condizione più naturale” (Ren Hang).


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