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INVISITA

Dispositivo di mostre, mediazione e pratiche del contemporaneo

 

 

La figura del curatore rappresenta oggi uno dei ruoli chiave all’interno del Sistema dell’Arte Contemporanea. Nonostante il proliferare dell’offerta formativa connessa agli ambiti creativi, si riscontra una sempre maggiore difficoltà da parte delle studentesse e degli studenti a trovare mezzi e spazi per fare esperienza diretta. Il progetto INVISITA risponde a tale criticità attraverso la creazione di nuove reti, pratiche e dispositivi di mediazione e produzione del contemporaneo. Il progetto, curato da Silvia Bellotti, Viola Pierozzi, Stefania Rinaldi e Erica Romano ha coinvolto in una prima fase dieci studentesse provenienti dall’Accademia di Belle Arti di Firenze, selezionate tramite open call. Dopo un percorso formativo e di approfondimento su mercato dell'arte, progettazione culturale, fundraising, organizzazione e promozione dell'evento espositivo, metodologie di studio visit, scrittura critica, tecniche di allestimento e mediazione culturale, le aspiranti curatrici hanno individuato quindici artiste e artisti attraverso una selezione avviata con open call e la successivi studio visit. Gli spunti teorici emersi da questi incontri hanno avuto una prima restituzione con una Text Exhibition, una mostra composta da testi, citazioni, immagini trovate o prodotte che raccontano il processo di ricerca. L’esposizione è stata corredata da una fanzine contenente un progetto fotografico di Simone Ridi, come ulteriore punto di vista sulle tematiche trattate. Nell’ultima parte del progetto le studentesse, supportate dalle curatrici del progetto, hanno avuto la possibilità di finalizzare il processo curatoriale attraverso l’ideazione, progettazione e realizzazione di cinque mostre collettive delle artiste e degli artisti selezionati all’interno degli spazi di Officina Giovani, TranSpace e Materiale Project Room a Prato. Ultima restituzione del percorso è INVISITA Night, una serata dedicata prevista a Febbraio 2024. Il progetto è stato sostenuto da Regione Toscana Giovanisì per Toscanaincontemporanea, Fondazione CR Firenze, Accademia di Belle Arti e ha visto la collaborazione della Consulta degli studenti ABAFi e della Fondazione Il Bisonte.

 

La parola alle curatrici:

 

“Plurivoca, polivalente, talvolta ambigua, affiorata dalle maglie della critica accademica e militante, la figura del curatore d’arte si fa rinchiudere malvolentieri all’interno di definizioni e camicie di forza semantiche. [...] Ciò che abbiamo cercato di insegnare in questo corso è una prassi dell’agire curatoriale che presuppone sempre una duplicità di sguardi: uno interno, che si introduce materialmente nello spazio dell’artista, ed uno esterno, che genera il distacco necessario a trasmetterne universalmente il messaggio.” (Silvia Bellotti)

 

“Intendo la curatela come un Fatto artistico, una presa di posizione personale sulla comunicazione con il mezzo culturale che voglio far arrivare a chi mi circonda, un’esigenza intima che trova il proprio modo espressivo nell’affiancare, relazionarsi e collaborare con artisti e creativi che portano avanti processi e pratiche che posso comprendere e a me affini. La pratica curatoriale prevede sempre una messa in discussione, un continuo cambio di direzione, una predisposizione all’apertura, alla mediazione e all’accoglienza e una costante informazione e formazione su ogni aspetto che posso incontrare sul percorso condiviso che decido di intraprendere.” (Stefania Rinaldi)

 

“Un buon testo critico, non ha la funzione di informare ma di comunicare attraverso il linguaggio verbale dei significati visivi, rendendosi una preziosa occasione per alimentare la libertà di opinione. Se da una parte l’artista può riconoscersi - e al contempo conoscersi meglio - attraverso le parole di un altro, dall’altra, il testo è uno strumento di mediazione per i pubblici, affinché per tutte le parti chiamate in causa la lettura possa essere un contributo alla riflessione personale, così come una provocazione all’esercizio costante del pensiero critico.” (Erica Romano)

 

 

“Definire la complessità di vicende e relazioni che costituiscono una mostra è un processo estremamente articolato, quanto - e forse più - lo sia poi realizzarla. Compito del curatore è anche restituire in maniera più che mai fedele gli esiti di questo processo a chi ne fruisce. La mostra è la concrezione di una ricerca, il risultato dell’incontro tra più attori che partecipano e influenzano il processo di elaborazione della stessa.

Molti curatori si sono interrogati sulle dinamiche che costituiscono le conditiones sine qua non dell’esposizione, cercando di delineare il rapporto tra contenuto e contenitore ben espresso da Bart De Baere con “This is the Show and the Show is Many Things” quando dà questo titolo alla collettiva di arte relazionale da lui curata a Ghent nel 1994. Di fronte a un panorama così nebuloso, si fa essenziale il valore della mediazione.” (Viola Pierozzi)








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