Arte contemporanea nell'Europa occidentale
A cura di Armon Barzel con la collaborazione di Giorgio Maragliano
La mostra Europa Oggi non intende definire l'estensione di un luogo, quanto quello di una situazione creativa. Essa cerca di presentare le opere d'arte come espressione di un tempo determinato, il presente, inteso come realtà socio-culturale precisa, come strato più esterno della sedimentazione della storia e della memoria.
L'Europa è l'origine di tutta la cultura occidentale, poiché anche gli sviluppi avvenuti al di fuori dei suoi confini portano il suo segno. La marcia trionfante di Alessandro il Grande verso l'India, il cammino degli emigranti Scandinavi verso il nord dell'America, e le torce di Cortez fra i tempi Inca sono tutte emanazioni europee. A livello culturale, l'Europa è un crocevia nel quale le influenze non-europee, frutto di importazione o di conquista, si sono fuse a formare una nuova lega. I prodotti di questo crocevia sono miti, memorie storiche, radici. Ed essi hanno rilevanza cruciale anche rispetto ad una mostra di arte contemporanea come Europa oggi, concesso che molti artisti europei, malgrado la diversità dei linguaggi artistici degli ultimi anni, trattano il problema dell'eredità culturale. Ciò che li spinge a questo è un bisogno esistenziale ed introspettivo di pensare l'Europa presente a partire dal suo passato, parte integrale del processo di comprensione della società in cui si vive. Per molti artisti europei, all'interno del nucleo di una sensibilità moderna, l'eredità culturale è fonte cruciale di energia creativa. La ricostruzione del passato a partire dalle sue rovine lo carica di un contenuto che non è realtà, ma ugualmente è il suo contenuto vero: il passato trapiantato nel presente. Nella nostra ricerca di identità, seguiamo la ricerca immaginativa dell'artista attraverso la densa stratificazione della storia.
Per chiarire, fin dal principio, possibili osservazioni sull'attaccamento degli artisti europei, e in particolare italiani, all'eredità culturale del passato, occorre fare riferimento alla credenza per cui ogni arte significativa è il risultato di una determinata situazione politica e socioculturale. È doveroso farlo anche se ciò significa correre il rischio di cadere in tranelli di un univoco determinismo strutturale e anche se i risultati di tale atteggiamento hanno recato con sé spesso conseguenze catastrofiche. Come scrisse Pier Paolo Pasolini, "è meglio essere un nemico del popolo che un un nemico della realtà".
Viale della Repubblica, 277, Prato
Opening
26 giugno 1988
Progetto espositivo e realizzazione
Centro per l'Arte contemporanea Luigi Pecci
Patrocinio di
Comunità Economica Europea
Regione Toscana